domenica 19 settembre 2010

The shark


Era da vent’anni che un italiano non conquistava la Vuelta a Espana, l’ultimo era stato Marco Giovannetti dopodichè il vuoto.
In realtà se si guarda l'albo d'oro del Giro di Spagna, si noterà che gli itaiani hanno raccolto poco, un pò come gli spagnoli al Giro d'Italia.
A spezzare l’incantesimo durato due decenni ci ha pensato il nuovo astro nascente del ciclismo italiano, lo squalo Vincenzo Nibali che ha vissuto una stagione memorabile. E dopo aver indossato di sfuggita la maglia rosa al Giro d’Italia, il nostro è riuscito a portarsi a casa la rivoluzionaria maglia rossa della più importante corsa della penisola iberica.
Per vincere i grandi giri ci vuole tanta forza ma anche una buona dose di fortuna e a Nibali queste due caratteristiche non sono mancate di certo. Ha avuto la forza di essere il più regolare di tutti nell’arco delle tre settimane e la fortuna di confrontarsi con corridori abbastanza battibili.
Il mattatore delle prime due settimane era stato lo spagnolo Igor Anton vincitore degli arrivi di Valdepenas e Andorra, ma la sventura lo avrebbe tagliato fuori alle porte dell’ultima settimana costringendolo al ritiro.
A raccogliere l’eredità lasciata dal corridore basco ci ha pensato Nibali il quale ha dovuto vedersela con l’altro scalatore spagnolo, Joaquin Rodriguez, maglia rossa al termine della 16° tappa con arrivo a Cotobello.
Il resto lo sappiamo: nella lunga cronometro di Penafiel, Rodriguez ha perso un botto di minuti dal siciliano uscendo inevitabilmente dai giochi e passando la palla al connazionale Ezequiel Mosquera che, alla soglia dei trentacinque anni, si sta riprendendo il “tempo perso” in gioventù.
Uno dei più forti di questa Vuelta targata 2010 è stato lo slovacco Peter Velits il quale ha dimostrato ottime doti nelle prove contro il tempo e valida resistenza anche nelle tappe di alta montagna. Per lui un podio che deve far riflettere in prospettiva futura.
Chi invece ha pagato gli sforzi di una stagione in parte già scritta sono stati lo stacanovista Carlos Sastre (che un posto nei dieci l’ha comunque raccolto) e il russo Denis Menchov. Meglio di loro Franck Schleck anche se la condizione non ha rispecchiato quella del Giro di Svizzera.
Ed ora si entra nel gran finale di stagione con la settimana iridata, la Parigi- Tours e per finire l’immancabile classica delle foglie morte che decreterà la conclusione di questo duemila10 ciclistico.

giovedì 16 settembre 2010

Sondaggio: Il grande giro che preferite?


Come nelle più rosee previsioni ne esce vincitore il Giro d’Italia, corsa simbolo della penisola tricolore, nata nel lontano 1909 e capace, ad oggi, di ben novantatre edizioni disputate.
Una corsa che negli anni è entrata di diritto nella storia del panorama storico, culturale ma soprattutto sportivo, raggiungendo l'apice negli anni quaranta e cinquanta grazie alla famosa rivalità tra Gino Bartali e Fausto Coppi, campioni che elevarono il Giro ai livelli del Tour de France.
E' da ritenersi il secondo GT più importante del panorama ciclistico internazionale anche se la morfologia del territorio lo rende più affascinante e avvincente della Grande Boucle.
Gli scenari della corsa rosa e le combinazioni da incastrare nell'arco delle tre settimane sono le più svariate; il disegno ideale prevede la partenza da una località del meridione e successiva risalita nella parte settentrionale della penisola. Ma tutto ciò è alquanto relativo.


Le cittadine simbolo del Giro, almeno per quanto riguarda il luogo di chiusura della competizione, sono Verona, Roma, Firenze e soprattutto Milano, città dove ha sede il giornale che organizza la corsa - La Gazzetta dello Sport - che prende il particolare colore rosa proprio dalla maglia del vincitore del Giro d'Italia.
Spazia dalle coste marittime, alle salite collinari appenniniche, giungendo poi sulle Alpi, laddove spesso e volentieri si decidono le sorti della classifica finale e dove tante storie eroiche sono state scritte dai più celebri talenti della bicicletta: Alfredo Binda, Eddy Merckx, Charly Gaul, Jacques Anquetil, Laurent Fignon, Bernard Hinault, Miguel Indurain, Marco Pantani ecc.


Molte le salite famose, tra le più importanti ed alte v'è certamente il passo Stelvio (2758 mslm), considerato assieme al non troppo distante passo Gavia (2651 mslm) una sorta di tetto della corsa rosa.
Negli ultimi decenni gli organizzatori hanno spesso e volentieri scoperto salite dalle pendenze proibitive; il miglioramento dei fondi stradali e i nuovi materiali adottati nelle specialissime dei corridori hanno contribuito a far si che si andasse alla ricerca di itinerari che potessero creare maggiore selezione. Se nell'era di Coppi il passo Pordoi era considerato come una salita di grandissimo valore, oggi i nuovi colossi sono denominati passo Mortirolo oppure monte Zoncolan, asperità più idonee ai rapporti delle mountain bike che non a quelli delle bici da corsa.
Attualmente gli occhi sono tutti puntati sull’edizione del 2011, quella del centocinquantenario dell’unità d’Italia che, secondo indiscrezioni, dovrebbe ripercorrere parte del tragitto affrontato da Garibaldi. La partenza sarà collocata nel capoluogo del Piemonte mentre la conclusione torna, dopo tre anni, in quel di Milano con probabili passaggi in Sicilia e dintorni.

martedì 14 settembre 2010

Welcome to Australia


Avevamo lasciato la settimana iridata di Mendrisio 2009 con un medagliere vinto dall’Australia, nazione che negli ultimissimi anni ha fatto passi da gigante nel mondo del ciclismo.
E sarà proprio il continente oceanico ad ospitare gli imminenti campionati mondiali su strada, precisamente dal 29 Settembre al 3 di Ottobre. Il percorso di Melbourne non sembra calzare a pennello agli sprinter, infatti il nuovo ct della nazionale italiana Paolo Bettini ha da poco elencato i nomi degli azzurri lasciando a casa due pedali veloci quali Alessandro Petacchi e Daniele Bennati.
La punta di diamante sarà quindi Filippo Pozzato e al suo fianco ci saranno Vincenzo Nibali, Giovanni Visconti, Luca Paolini, Daniel Oss, Francesco Gavazzi, Marzio Bruseghin, Matteo Tosatto, Marco Pinotti (il quale prenderà parte anche alla prova a cronometro), Rinaldo Nocentini e Andrea Tonti.
Tra gli assenti illustri spicca il nome del varesino Ivan Basso e dei due veneti Alessandro Ballan e Damiano Cunego, tutti e tre presenti al Tour de France.
Quali caratteristiche offre il percorso di Melbourne? Ricorda le classiche del Nord con i suoi pochi momenti di recupero adattandosi bene a chi gioca di fantasia. Nomi internazionali da tenere sott’occhio sono sicuramente Fabian Cancellara, Philippe Gilbert e perché no, Oscar Freire Gomez che per il campionato del mondo ha sempre avuto una certa predisposizione. Particolare attenzione va anche al mannese Mark Cavendish che dovrà essere sfiancato già nelle prime ore di corsa.
Molti altri nomi meno blasonati tenteranno il colpaccio e ben sappiamo che la sorpresa è spesso dietro l’angolo.

lunedì 23 agosto 2010

Vuelta a Espana 2010: il percorso

Che percorso offre la corsa più importante della Spagna?



Si parte il 28 Agosto da Siviglia con una cronosquadre di sedici chilometri e mezzo che avvantaggerà, tanto per cambiare, i potenti, a discapito di chi milita in team di medio basso livello.
La prima settimana è movimentata e non offre moltissime opportunità agli sprinter. Le tre tappe successive alla cronosquadre di apertura non sono dedicate ai velocisti, tutt’altro, la terza tappa, quella con arrivo a Màlaga, presenta una salita di prima categoria, il Puerto de Leòn, che potrebbe creare un minimo di selezione prima del traguardo.
Altre giornate per attaccanti sono la quarta con arrivo a Valdepeñas de Jaén, dal finale movimentato e l’ottava con arrivo a Xorret de Catì, adatta più agli scattisti-discesisti che non agli scalatori puri, idem per quanto concerne la successiva che termina ad Alcoy, con sei colli, quattro dei quali di seconda categoria.
Per assistere al primo arrivo in salita bisognerà aspettare l’11° tappa che farà arrivo ad Andorra Vallnord Sector Pal. Non è esattamente una giornata di alta montagna, di fatto, l’unica salita da affrontare nei 208 km complessivi sarà quella finale.
Da tenere in considerazione c’è anche la 14° tappa, con una breve salita finale che porterà in cima a Peña Cabarga, tuttavia non incisiva quanto l’arrivo del giorno dopo al Lagos de Covadonga (14,2 km al 7,44% medio), ma come nel caso della tappa di Andorra, anche questa sarà caratterizzata da una vasta quantità di pianura prima dell’imbocco dell’ascesa finale. 
Il primo tappone è collocato alla 16° tappa, lunga 179 km e con tre passi di prima categoria: Alto de San Lorenzo, Puerto de la Cobertoria ed infine Cotobello: a mio modesto parere la giornata più dura.
Dopo il giorno di riposo di Martedì 14 Settembre, si ritornerà sulle strade della Spagna con una cronometro piatta di 46 chilometri. Qui i passisti potranno, in parte, riparare eventuali ritardi dovuti alle precedenti tappe di alta montagna.
L’ultima giornata che può cambiare la classifica generale prima della kermesse finale di Madrid è la 20°, che prevede le scalate di Alto de Leòn, Puerto de Navacerreda e l’arrivo finale a Bola del Mundo, asperità molto lunga (21,8 km) con gli ultimi dieci dalle pendenze di tutto rispetto.
Nel complesso è una Vuelta che non si discosta molto dalla consueta stilistica già proposta in passato, le tappe più importanti sono sparpagliate nell’arco delle tre settimane e, nota di merito, l’ultima settimana mi sembra disegnata abbastanza bene.

domenica 22 agosto 2010

Campolongo - Gardena - Sella - Fedaia

Si era appena entrati nella seconda metà di Luglio quando, poco convinto, mi ero involato dalla cima del Falzarego con la voglia di dedicare ancora un giro a queste fantastiche montagne - le Dolomiti - che si offrono accoglienti fino al mese di Settembre.
E c’è solo da inebriarsi ed inchinarsi in questi salubri ed incontaminati scenari, talvolta bistrattati da chi vive di sola superficialità.
Nelle zone alpine, il mese d’Agosto non è da prendere sottogamba, le temperature cominciano a farsi più fresche rispetto alle settimane precedenti e la variabilità del tempo gioca spesso a sfavore.
Essendo l’ultimo assalto alle Dolomiti e quasi probabilmente anche l’ultimo giro di rilievo di questa annata, ho aspettato una giornata con un tempo meteo godibile. Di opzioni ne avevo a bizzeffe, lì per lì ero pure indeciso su quali strade prendere… Poi arrivò la giusta decisione.
Partenza ai piedi di sua maestà la Marmolada, così da limare eventuali ed inutili chilometri pianeggianti di a/r. Una partenza come tante altre, nel primo mattino, attorniato da una vasta quantità di vette imponenti, esaltate dalla visuale delle valli circostanti.
Salite in programma, cinque. Con me, ancora una volta, Manuel Pst.



Studio l’altimetria nel dettaglio e ne ricavo all’incirca una trentina di chilometri di salita, contro i 34 ca. del giro “Franche-Cereda-Rolle-Valles” affrontato oltre un anno fa. Itinerari e chilometraggi diversi, oltre ad un Valles assente nella parte finale del percorso, mi fanno intuire che oggi non sarà dura come quel giorno.
Così, scaricate le biciclette dall’auto e agganciate per bene le scarpe ai pedali, ci si appresta ad affrontare le prime pendenze verso Digonera e successiva rampa di quattro chilometri che porta al bivio della ss 48 dove svoltiamo verso Livinallongo del Col di Lana, località che anticipa quella di Arabba posta all'inizio del Campolongo, oltre che del più celebre passo Pordoi.
Ed è proprio il Campolongo il primo passo di giornata; breve e anonimo s’inerpica leggiadro su per il colle fino a scollinare a 1875 metri sul livello del mare.



Dal vapore mattutino dei primi chilometri ci involiamo nella discesa che porta a Corvara in Badia per poi svoltare verso Colfosco ed iniziare la terza salita, il passo Gardena (2121 mslm), lunga 8,5 chilometri con pendenze generalmente regolari (6,2% medio) e con punte massime del 10%.
Salgo regolare, in solitudine, senza alcun problema, attorniato da scenari fantastici; ritengo il Gardena uno dei passi dolomitici più belli in assoluto, sia per lo sfondo che avvolge l'ascesa sia per la visuale che si può ammirare guardando verso il passo Sella.



Dopo una breve pausa scendiamo nella gelida e ventilata discesa del versante opposto prima di imboccare la strada che porta in cima al passo Sella (2214 mslm): una salita breve, di cinque chilometri, ma con pendenze che spesso e volentieri si mantengono oltre l'8% medio.
Da questo momento entriamo nella seconda metà del giro, le gambe iniziano a farsi pesanti, lo stesso Manuel, in giornata no, una volta giunto sulla cima dell'incantevole passo, ammette di avere seri dubbi sul proseguirsi.
Gli faccio coraggio facendogli notare che il Fedaia dal versante di Canazei è tutto sommato "pedalabile".



Indossate le mantelline, ci si butta nella lunga discesa che termina in quel di Canazei. Tempo di riempire le borracce di acqua che è ora di ricominciare a salire per la quinta e ultima fatica della giornata, il passo Fedaia (2057 mslm). Solo a sentirne il nome c'è da spaventarsi ma il versante odierno, rispetto a quello di Caprile, è più facile.
I primi sette chilometri sono pedalabili e non prevedono grosse difficoltà, sono gli ultimi quattro a mantenersi sopra il 7%, prima di scollinare in prossimità del rifugio Castiglioni che anticipa il suggestivo lago Fedaia.
La strada prosegue larga, attorniata da una vasta quantità di abeti che emanano un piacevole odore di resina, mescolato a quello della fresca vegetazione. Durante l'ascesa mi improvviso gregario di Manuel in quella che si prospetta una sofferente scalata. Lo incito a continuare, non ha senso mollare adesso, quando mancano un paio di chilometri alla vetta.
Difatti, finita la salita proseguiamo nel breve altopiano che accosta il lago prima di indossare le rispettive mantelline antivento ed imbatterci nella discesa verso Caprile.
Che altro aggiungere, oggi il turismo si è fatto sentire: strade ultra trafficate e miriadi di persone in cima ai vari valichi - specialmente su Gardena e Sella – ad assaporare l'aria delle alte vette dolomitiche.

domenica 1 agosto 2010

Giro di mezza estate - Cima Campo


L’aria e la freschezza di queste giornate riporta alle settimane che anticipano l’Autunno, per la precisione a Settembre, che assieme a Maggio é il mese che mi trasmette le migliori sensazioni.
Cima Campo: questa la mèta odierna.
Mattinata fresca e soleggiata quella del primo giorno d’Agosto, ideale per il cicloturismo, con i primi quindici chilometri pianeggianti per scaldar le gambe in vista di Arsiè, laddove la strada si fa seria.
Passata la piazza della sopraccitata cittadina si comincia a pedalare in quelle dolci e continue pendenze che porteranno a Col Perer e poco più tardi sul Cima Campo.
La strada che si accinge a risalire il colle è lunga 19 km, quindici dei quali in salita; sono i classici valichi che mal digerisco e che ben degusta il mio compagno di pedalate, più idoneo alle salite durature e pedalabili.
Sono stati momenti nei quali ho perso la cognizione del tempo, circondato da una vegetazione luccicante di radiosi e mattutini raggi solari.
Superato Col Perer la strada si fa leggermente più disastrata e stretta, lo scenario circostante appare isolato e poco trafficato; macchine e moto passano lanciando, di tanto in tanto, qualche suonata di claxon come gesto di incitamento.
Per quanto concerne le altre caratteristiche dell'ascesa: i tratti peggiori li possiamo trovare nella seconda metà e spaziano dal 8 al 9% di pendenza, con vari settori ristoratori che male non fanno, in special modo se collocati negli ultimissimi chilometri, dove il panorama si apre a distese di pascoli e prati dai colori caldi e degni di un quadro di Van Gogh. La cima proietta a diverse visuali interessanti, una di queste è il lago del Corlo che ci appare nella parte finale dell'ascesa.
Dai 1440 metri del Cima Campo ci siamo poi involati, rigorosamente senza mantellina, nella strada che porta a Castello Tesino.
Discesa determinata dal confine Trento-Belluno, il tratto della carreggiata bellunese è a dir poco impraticabile, viceversa, una volta entrati nel trentino, le strade tornano ad essere ben tenute e con un asfalto che profuma di nuovo. Conclusa la discesa, siamo passati nell'affollato centro abitato di Castello Tesino munito di un fondo stradale in pavè niente male, poi lungo rettilineo ombreggiato verso il bivio per il Passo Brocon, ma visto che le gambe iniziavano a chiedere pietà, la scelta è stata quella di svoltare a destra e proseguire nella discesa che porta a Roà, Chioè quindi Pian del Vescovo e l’immancabile Ponte Serra prima di rientrare nel catino della valbelluna. Da quel momento, i pochi chilometri restanti per raggiungere il luogo di partenza, spaziavano perlopiù tra pianure ed impercettibili cavalcavia. Un'altra Domenica era archiviata.

Una visuale dalla cima del valico



Fontana con alpino in legno (zona Castello Tesino)

La savana di Arten

giovedì 29 luglio 2010

Tour 2010: considerazioni finali


Iniziando dalla vigilia, bisogna dire che l’edizione di quest’anno aveva una lista partenti molto altolocata, specialmente tra gli uomini avvezzi alle parti alte della classifica. La sfortuna, come ripetuto svariate volte, ha condizionato il rendimento di diversi big, costringendoli a pedalare meno bene rispetto ai propositi iniziali.
Protagonisti indiscussi della corsa, manco a dirlo, Andy Schleck e Alberto Contador. Il lussemburghese e lo spagnolo, il futuro e il presente del ciclismo internazionale. Se le sono date di santa ragione, il biondo e il moro. Schleck, al contrario di Contador, ha fatto la voce grossa nelle prime due settimane, riuscendo a mantenere un livello alto fino a Parigi. Il madrileno, invece, ha vissuto un Tour sottotono, forse offuscato dalla forza dello stesso Schleck. Tuttavia, a portare a casa la maglia gialla, è stato proprio colui che è apparso meno brillante, ovvero Contador: furbo, intelligente, tattico, capace di dosarsi ove necessario e, anche per quest’anno, più forte del lussemburghese.
Una sfida, come di consueto, vissuta di fortune e sfortune inframmezzate nelle tre settimane: da ambedue le parti, s’intende.
Molto rappresentativo il duello verso la cima del Col du Tourmalet, anche se i due rivali non sono riusciti a regalare, per quanto mi riguarda, grandi emozioni. Di fatto, il Tour è finito quel Giovedì sera, con qualche suspance nella cronometro antecedente a Parigi grazie ad un Andy supersprint. Nel complesso il più sfortunato dei due è stato il lussemburghese, che poi abbia goduto di privilegi creati dal forte cronoman della medesima squadra, è altrettanto vero.
Il contorno, come detto in precedenza, è stato caratterizzato da varie uscite di scena, a partire da Franck, la spalla di Andy, che ha abbandonato i sogni di gloria sulle strade del pavè… successivamente Lance Armstrong, attanagliato dalle diverse cadute verso Avoriaz o Cadel Evans, stoico campione fratturato ma volenteroso di arrivare fino a Parigi.
Così la conquista del gradino più basso del podio è andata al russo Denis Menchov, re dei regolaristi e il più forte dei big nella cronometro finale: 1’52” guadagnati sulla maglia gialla.
A dar vita dura al russo nella conquista del terzo posto, ci ha pensato il campione olimpionico Samuel Sanchez che sul Tourmalet ha dato l’idea di potercela fare, senza però mettere in conto la performance di Menchov a Pauillac.
Passando al mondo delle volate, come nelle più rosee previsioni a dettare legge è stato Mark Cavendish, vincitore di cinque sprint ma privato della maglia verde dal volpone spezzino.
E’ stato un Tour positivo per i francesi (6 vittorie contro le 2 dell’anno scorso), lo è stato anche per Fabian Cancellara, leader indiscusso delle prove contro il tempo e maglia gialla per diversi giorni. Peccato che lo svizzero non abbia grandi capacità nelle tappe di alta montagna. Per finire… L’Italia deve ringraziare principalmente lo sprinter Alessandro Petacchi, capace di due vittorie e la classifica punti; non poco per un classe ’74. A Petacchi va dato merito del fatto di aver riportato nella penisola una maglia, quella verde, che mancava dal controverso sessantotto (vittoria di Franco Bitossi, se non erro).
Quasi inesistente, invece, Ivan Basso. Il vincitore dell’ultimo Giro d’Italia, contrastato dalla bronchite, è peggiorato di tappa in tappa.
A terminare il trio italico: il piccolo principe di Verona, Damiano Cunego. Un combattente capace di regalare frammenti di spettacolo, osando nelle fughe e rincorrendo, senza successo, la magica maglia a pois. Ne esce ancora una volta battuto, ma a testa alta.

Manca poco meno di un anno al via del prossimo Tour de France. Una sfida, presumibilmente, è già in agguato e l’abbiamo assaporata sia nel 2009 che quest’anno. Ora vediamo se qualche italiano vuole intromettersi così da spezzare l’incantesimo che dura da oltre dodici anni.

giovedì 22 luglio 2010

Pareggio momentaneo

A Contador il Tour-malet, a Schleck il Tourmalet


Oggi ho visto un Contador molto sicuro di se stesso e della propria superiorità in vista della cronometro di Pauillac. Inoltre non mi è sembrato di vederlo chissà quanto inferiore al 2009, più che altro è Andy Schleck ad essere migliorato a tal punto da avvicinarsi ai suoi tempi. Il testa a testa venutosi a creare negli ultimi chilometri del Col du Tourmalet, mi ha vagamente ricordato un’altra sfida famosa, ossia quella vista nel 1998 a Plan di Montecampione tra Marco Pantani e Pavel Tonkov.
Un duello, quello tra Contador e Schleck, abbastanza bilanciato, in queste settimane nessuno ha dimostrato all’altro di averne di più e la classifica generale, salti di catena a parte, lo evidenzia.
Tolti i due protagonisti principali, la situazione appare un po’ mediocre, con tutto il rispetto per i bravi Denis Menchov e Samuel Sanchez.
D’altro canto abbiamo assistito ad una corsa ad eliminazione, molti possibili protagonisti della vigilia hanno dovuto fare i conti con la sfortuna o con delle gambe svuotate dalle precedenti fatiche.
Ma Contador ha davvero ipotecato il Tour de France 2010? A scanso di inconvenienti durante la cronometro, direi di si. Per quanto possa essere in forma, Andy Schleck non ha le doti per poter tenere testa allo spagnolo nelle prove contro il tempo. Non dimentichiamoci che nel prologo di Rotterdam, il lussemburghese ha “concesso”al capitano dell’Astana ben 42”.
Per quanto riguarda l’Italia del pedale, luci e ombre. C’è in atto una (non) sfida inconsapevole tra Cunego (29°) e Basso (30°) che decreterà il primo degli italiani nella classifica finale e che troverà una determinata risposta Sabato pomeriggio.

lunedì 19 luglio 2010

Ci pensa la sfortuna



Dopo l'interessante azione di Riblon ad Ax3Domaines, anche oggi la fuga è andata in porto premiando il trentunenne campione francese Thomas Voeckler che ha staccato i compagni di fuga sul Port de Balès tagliando la linea del traguardo di Bagnères de Luchon in completa solitudine.
Nulla da fare per gli altri fuggitivi di giornata tra i quali spicca il nome dell’ex campione del mondo Alessandro Ballan (2°).
Dietro succedono scintille: Andy Schleck si mette davanti, forza il ritmo, infine rompe gli indugi e se ne va via di potenza, ma la sua azione dura qualche frazione di secondo, un problema al cambio lo blocca nel bel mezzo della strada costringendolo a fermarsi.
Sfruttando la sfortuna della maglia gialla, Alberto Contador si alza sui pedali e rilancia all’impazzata verso la cima del Port de Balès trovando in Menchov e nel connazionale Samuel Sanchez preziosi alleati.
Schleck rincorre, con grinta tenta di limitare i danni ma ormai è troppo tardi. Al traguardo pagherà trentanove secondi, otto in più di quelli che aveva di vantaggio sul fortunato e opportunista Alberto Contador.
Tour finito in anticipo? Forse, ma aspettiamo a dirlo. La tappa di domani è disegnata molto male, con quattro passi pirenaici nei primi centotrentotto chilometri ed i successivi sessanta in pianura, quindi, con ogni probabilità, il buon Andy dovrà tentare il tutto per tutto Giovedì sul Col du Tourmalet,
salita lunga, pendente e che offre ampio spazio alle azioni personali ai fini della maglia gialla. Certo è che dopo l’epilogo odierno le cose appaiono in modo più prevedibile.

domenica 18 luglio 2010

Aspettando il Tourmalet

Ridendo scherzando la crono si avvicina...

Finisce con l’inizio dei Pirenei la seconda settimana del Tour de France. L’arrivo di Ax 3 Domaines ha confermato una classifica stabile per quanto concerne le primissime posizioni.
Nel complesso non è successo molto, vittoria in fuga del francese di turno (Cristophe Riblon) e breve bagarre tra gli uomini di alta classifica. Ne sono usciti bene Denis Menchov e Samuel Sanchez i quali hanno staccato il duo Contador-Schleck guadagnando preziosi secondi nella generale.
Contador non è riuscito a fare la differenza e questo può essere un primo impercettibile segnale in vista delle prossime tappe di montagna. Andy Schleck ha corso da padrone ma al tempo stesso andando controcorrente alle aspettative generali.
Lo dico perché Andy ha solo un modo per poter conservare la maglia gialla, ovvero attaccare e staccare Contador laddove la strada pende. Contando che mancano “solo” tre tappe di montagna, una delle quali inutile, la condotta del lussemburghese appare strana e controproducente in vista della cronometro individuale di Pauillac.
Okay che c’è di mezzo uno spaventoso Tourmalet che può creare ampi divari, ma siamo sicuri che Andy abbia tutta questa superiorità nei confronti di Alberto?! Direi di no, almeno, non da presentarsi la mattina di Bordeaux con un minuto e mezzo-due di vantaggio.
Buona prova per Damiano Cunego, oggi primo degli italiani vista la defaillance della punta di diamante della Liquigas. Difficile che il veronese possa vestirsi a pois a Parigi, ma già da ora il suo è un Tour più che positivo.