lunedì 29 marzo 2010

Gavia e Tonale

ultima puntata: Gavia e Tonale


Ultima puntata con le salite del Giro d’Italia 2010. Bormio-Passo Tonale è a parere mio il vero tappone del Giro d’Italia, anche se non propone pendenze esagerate. Ma guardiamo i punti a favore: prima di tutto è il penultimo giorno di corsa e quindi concentra tutte le fatiche delle tre settimane precedenti, in secondo luogo non è una tappa corta e presenta due salite lunghe quali Forcola di Livigno e Passo Gavia prima di terminare sul Passo Tonale. Una giornata che sarà condizionata dal Mortirolo di ventiquattro ore prima e per giunta imprevedibile sotto qualunque punto di vista. La classifica potrebbe essere già scritta ma anche se così fosse, con un’altimetria come questa, chi può stare davvero tranquillo?!
Valutandone i punti deboli, possiamo dire che il Gavia scalato da Bormio è troppo incostante per creare selezione, apparte otto chilometri centrali, lo stesso Tonale non è un’asperità che fa male, ma questo può contare davvero poco a fine Giro e qualcuno potrebbe pagare dazio, in special modo se va a sottovalutarne le caratteristiche.
E’ la tappa con le quote più alte dell’intera corsa rosa, il Gavia sarà anche l’eccellente Cima Coppi (2618 mslm) di questa edizione ed è probabile che gli atleti scollineranno con la neve a bordo strada, dando quel tocco pittoresco ad un Giro che volge al termine.
Non è la classica giornata adatta ai grimpeur, la vedo più dedicata a passisti scalatori dotati di fondo, Ivan Basso in primis, Pellizotti, Evans... oppure ad un Carlos Sastre che nella terza settimana fa spesso e volentieri male a molti.
Verona è alle porte, chi vuole tentare qualcosa di importante o lo fa oggi, oppure non avrà altri spazi, pur rimanendo che non va sottovalutata nemmeno la cronometro delle Torricelle, soprattutto se dovesse esserci una classifica ancora corta, cosa non facile vista la moltitudine di salite, ma nemmeno impossibile.
Terminillo, Monte Grappa, Zoncolan, Plan de Corones, Mortirolo più Gavia&Tonale che inglobo assieme perché, ne sono sicuro, gli ultimi cinquanta chilometri della ventesima tappa saranno vissuti appieno sia dagli appassionati che dagli atleti in gara.
L’unica pecca di questo percorso, lo scrissi già ad Ottobre, è la mancanza di salite inusuali, in poche parole, gli organizzatori hanno messo sul piatto troppi passi già pedalati negli ultimi tempi: l’ultima volta di un arrivo sul Terminillo è datata 2003, lo Zoncolan è storia del 2007, Plan de Corones del 2008, il finale della 19^ tappa era già stato affrontato nel non lontano 2006. E si che ce ne sarebbero di salite meno conosciute ma altrettanto valide nella penisola.

domenica 28 marzo 2010

Valico Le Laste

Ovvero la continuazione di Col Falcon.
La giornata si preannuncia bella, senza alcuna nuvola a macchiare l’azzurro cielo. Le temperature si presentano decisamente più temperate rispetto alle scorse settimane, soprattutto se contiamo che sarebbero state le nove di ieri, divenute le dieci di oggi grazie al cambio del fuso orario. Routine di pianura nell’avvicinamento al Ponte Serra, poi svolta a destra e si sale. Come già scritto qualche settimana fa, Col Falcon è facile, da primi colpi di pedale, costante, da affrontare senza lavorar troppo di denti.
Soffio, refolo e venticello verso il quinto chilometro, quasi a dire “eccoli di nuovo”, quel guardiano che oggi ha solamente accarezzato carbonio e alluminio, senza alcuna insistenza. Una ventata di aria fresca essendo un momento di calura non indifferente sia per me che per Manuel, il quale si è dato daffare a scandire il ritmo fino a Faller, dove ad accoglierci al di fuori della chiesa c’erano delle anziane signore con rami d’ulivo.
Passato il paese, ci si immerge nel sottobosco che ci tiene compagnia praticamente fino alla cima. Come suggeriva il mentore, questo è il classico luogo dove venire a refrigerarsi nel pieno dell’Estate, meglio se in compagnia di qualche lettura.
Bivio sp39, che comincino le danze: quattro chilometri alla cima, i più aspri. Da questo momento l’asfalto diventa a dir poco sconnesso e disastrato, sembra di ritornare indietro di qualche decennio con buchi profondi, strada ruvida e resti di sabbia antineve come contorno.
Le pendenze, finalmente, si fanno serie, dal 7% al 9% per due chilometri, nei quali si è potuta scorgere la neve nel sottobosco che spaziava soprattutto sulla cima.
La strada non cala mai del 6.5% toccando un picco del dieci e mezzo negli ultimi quattrocento metri che anticipano il Valico le Laste (1098 mslm), come riportato nell’altimetria della dodicesima tappa del Giro che celebrava il Giubileo.

Al contrario di come viene scritto, questa salita non va classificata né come il terzo versante del Croce d’Aune né la cima del Monte Avena, bensì un punto di collegamento con esse. Per raggiungere l’Aune dalle Laste, si scende di un chilometro prima di sfrecciare davanti al monumento dedicato a Tullio Campagnolo.
Una volta scesi nella vallata, il più è fatto. Sessanta chilometri in punto per quasi tre ore contando le soste per cambio vestiti e rifornimento, sfiorati i mille metri di dislivello e provata per la prima volta la compatta: dinamica e scorrevole in pianura, agile e più vivibile nei tratti duri delle salite. Un regalo gradito che mi sono concesso in vista di Pasqua.

venerdì 26 marzo 2010

Fanta Giro donne

Per la prima volta ciclodonne anche in questo blog, ma in modo alquanto fantasioso. Ho disegnato un Giro d’Italia femminile, toccando le regioni dell’Emilia-Romagna, Lombardia, Trentino Alto Adige, Veneto e per finire Friuli Venezia Giulia.
Poco più di ottocento chilometri racchiusi in nove tappe.

1° tappa: Cesena - Bologna 87 km
Per scaldare i glutei, tutta pianura per un chilometraggio piatto e dedicato alle sprinter. Si passa anche per Imola, prima di giungere in quel di Bologna. Prima maglia rosa.
2° tappa: Modena – Cremona 110 km
Più lunga della precedente ma ancora in completa pianura, ci si gioca il primato agli abbuoni.
3° tappa: Lodi – Comazzo 21 km (crono)
Cronometro piatta come la tavola del biliardo, apparte un leggerissimo ed impercettibile falsopiano verso Comazzo. La classifica si è mossa a favore delle cronogirl.

4° tappa: Milano – Lecco 107 kmOggi è previsto il primo Gpm ed è già uno di quelli tosti, Colma di Sormano da Nesso, 13 km al 6.5%. Dalla cima della Colma, discesa verso Sormano e poi qualche scalino prima di Lecco. Una prima selezione c’è stata.


5° tappa: Lecco – Lumezzane 101 km
Giornata dal finale incerto. Tutta pianura fino a Iseo, poi passo Tre Termini (9.2 km al 5.6%), discesa, un po’ di pianura in avvicinamento all’ultimo strappo che porta in quel di Lumezzane. Vi ricordate le scaramucce tra Pantani e Jalabert nel ’99!? Il finale è simile.

6° tappa: Darfo Boario Terme – Campo Carlo Magno 117 km
Prima tappa di vera salita, sorvolando l’interlocutoria di ieri. Passo Tonale da Ponte di Legno ovvero 11 km al 5.9% di pendenza media, discesa e avvicinamento alla salita finale, Campo Carlo Magno da Dimaro (15.2 km al 6% medio). La salita finale è dura solo nei primi cinque chilometri ma la tappa è lunghetta.

7° tappa: Cles – Moena 92 kmGiorno di trasferimento senza lode e senza infamia, in mezzo alla tappa c’è da scalare il St. Lugan che presenta oltre sedici chilometri al 5.3% di pendenza media ma la cima è troppo distante da Moena per poter pensare di fare azioni personali. Meglio risparmiarsi per la tappa del giorno dopo.

8° tappa: Moena – Passo Pordoi 98 km
Qui si decide il giro. Specialmente se da Moena devi scalarti il Passo Sella (11 km al 6.6 %), il Gardena dal bivio Sella( un cavalcavia) e il Valparola con gli ultimi cinque, sei chilometri duri. Scesi di un chilometro, bivio Cortina-Andraz, si sceglie la seconda opzione e da Arabba si scala il Pordoi (9.4 km al 6.8%).

9° tappa: Vittorio Veneto - Lignano Sabbiadoro 90 kmKermesse finale completamente in pianura, tra Veneto e Friuli Venezia Giulia.

martedì 23 marzo 2010

Mortirolo e Aprica

4° puntata: Mortirolo e Aprica


Quattro anni dopo rieccoti quel finale che creò distacchi a dir poco abissali, ma era un Giro particolare, più duro di quello di quest’anno e soprattutto con un Basso formato Armstrong che uccideva la concorrenza.
Che il Mortirolo sia una salita che crea selezione è un falso mito, è sicuramente una salita dalle pendenze proibitive ma se nessuno si muove, i distacchi non si fanno, come del resto in qualunque altra asperità.
La Brescia-Aprica verrà dopo diciotto giorni di corsa e non sarà nemmeno troppo corta (195 km), quindi c’è da aspettarsi che proprio quel giorno venga a crearsi qualche cosa di particolare. Chi andrà forte sul Mortirolo non è detto che faccia fuochi e fulmini sul Tonale, a meno che non stia vivendo il classico momento di grazia. A dirla tutta, potrebbero bastare i tre giorni finali per capovolgere l’intera classifica e cancellare tutto quello successo in precedenza, ma bisognerà avere le cosidette palle e una fantasia abbinata all’intuito non indifferente.
Da Mazzo saranno dodici chilometri all’11% di pendenza media e scusate se è poco, inoltre, una volta in cima al Mortirolo bisognerà mantenere i nervi saldi, scendere in quel di Edolo e ricominciare a salire verso l’Aprica, luogo dove è situato l’arrivo.
Siamo di fronte a due salite completamente differenti e consentitemi di valutare l’Aprica da Edolo un falsopiano di quindici chilometri che non creerà alcuna selezione, al limite stazionerà un fantomatico divario già creatosi sulla cima dedicata al pirata.
E’ una delle giornate più difficili del Giro, forse la giornata più difficile se valutiamo che il giorno successivo è caratterizzato da un numero minore di chilometri e pendenze più accessibili rispetto a quelle che gli atleti incontreranno in questo frangente.
Sarà una tappa importante per la classifica, la maglia rosa potrebbe cambiare oppure consolidarsi ulteriormente.
Ma se il Mortirolo dovesse essere preso con lo spirito del 2008, dubito seriamente che possa venire fuori qualcosa di rilevante. Infine, non dimentichiamoci che molti potrebbero pararsi il fondoschiena e limitarsi a marcare pensando più in prospettiva Tonale/Verona che non alla gloria di aver fatto saltare il banco in una singola tappa.
Favoriti di giornata? Non è facile dirlo, potrebbe fare bene Franco Pellizotti, non dimentichiamoci di Carlos Sastre il quale, per vincere dovrebbe rimanere solo già prima di Edolo. Non la vedo una giornata fantastica per Cadel Evans, meglio di lui Basso che proprio su queste strade quattro anni addietro legittimò in modo esagerato la sua maglia rosa nei confronti dei diretti avversari.
Attenti a Francesco Masciarelli, farò il tifo per lui, oltre che per Carlo Sastre. Infine mi dispiace molto per le assenze di Riccardo Riccò e Josè Rujano, due scommesse che potevano essere vinte.
Una cosa è certa, con un percorso così, se un corridore è una spanna sopra gli altri, deve osare e tentare l’impossibile, dimenticandosi per un attimo di qualunque logica prefissata in partenza.

sabato 20 marzo 2010

Allegoria della Primavera

Una rondella non fa primavera, ma se l’astronomia non farnetica, allora la nostra è appena iniziata e ci terrà compagnia fino alla seconda metà di Giugno.
Il prolungato Inverno ha lasciato le sue inesorabili tracce, di fatto la natura comincia solo in questi ultimi giorni a riprendersi e creare quello che sarà il meraviglioso, delicato e successivamente colorato vestito di fiori che ci affiancherà per diverso tempo.
Ed è arrivata in ritardo come nelle previsioni di inizio anno che descrivevano i mesi di Febbraio e Marzo rigidi e cupi, ma Pasqua è alle porte e quel grigio periodo ha i giorni contati.
Nel sottobosco, ai bordi delle strade, tra le rocce umide appaiono timidamente le primule, tra l’erbetta verde che funge da sfondo a quella che sarà l’imminente fioritura delle prossime settimane.
L’atmosfera sembra aprirsi, il cinguettare armonioso di alcuni uccelli in lontananza è l’ennesimo allarme di ripresa.
La primavera è così, ti sembra apparire in anticipo, quasi avventatamente per poi sparire non prima di ricomparire una volta per tutte, acquisire fiducia con impeto e gioia, caratteristiche che possiamo notare nelle giornate di maggior sfogo.
E’ il momento più bello dell’anno, questa fantastica mutazione che porta sempre e comunque una minima ventata di aria fresca che si fonde tra le fragranze dei boschi a quelle ineluttabili di stallatico. Il vento Boreo l’accompagna, si fa più tènue, ma potrebbe rigonfiarsi di quella potenza delle settimane passate da un momento all’altro.
Tutto ciò ha caratterizzato in gran parte il giro odierno, nel quale l’unico elemento mancante, presente ma al tempo stesso assente a causa delle nubi nel cielo, è stato il sole.
In concomitanza con la classica dei fiori di terre ben più calde, per oggi niente salite ma continui sali scendi per un chilometraggio simile a quello del week end scorso (una settantina). Nei numerosi e pendenti speroni affrontati lungo la strada, ho notato di aver riacquistato una leggera fluidità, non paragonabile a quella dell’anno passato ma qui subentra il fattore allenamento che, al momento, non ho potuto affinare causa un free time tutt’altro che favorevole. Di positivo c'è che ora mi diverto di più.
Con l’amico Manuel si è pedalato in lungo e in largo così, ridendo scherzando si è finiti poco lontani dalla Tour Eiffel.


A partire dai prossimi fine settimana, meteo permettendo, si apre la stagione delle salite di medio livello - Cros d’Aune, Franche, Aurine, Praderadego (di alto livello), Cima Campo e via dicendo - ideali per preparare il fiato e le gambe ad eventuali dolomie tappe nei mesi più caldi.

Good lake.

sabato 13 marzo 2010

Valmorel da Limana

Ci sono salito oggi, dopo una settimana di stop e soprattutto di nevicate. Saltato il giro mattutino con Pst, ho dovuto ripiegare nelle ore pomeridiane, sfruttando un tempo meteo a dir poco favorevole.
Primi chilometri piatti, poi, prima di iniziare l’ascesa incrocio Manuel con cui scambio un paio di battute in vista dell’indomani.
Arrivato in quel di Limana, inizia Valmorel, salita che può essere presa da almeno quattro, cinque paesi differenti, a seconda delle preferenze.
Un colle per passisti, abbastanza simile al San Boldo da Trichiana ma più affascinante, sia come asfalto che come panorama circostante.
Lasciato il centro abitato, ci si immerge in una strada larga e ben tenuta, attorniata da alberi amici che fanno ombra nei mesi più caldi. E’ un tracciato incostante con poche curve e vari rettilinei.
I primi quattro chilometri sono quelli nei quali possiamo trovare le pendenze più difficili, ma durano poco, un duecento metri al dodici percento nel secondo chilometro, trecento metri al dieci percento nel terzo mentre il quarto e gran parte del quinto non calano mai del 7,6%.
Superato quest’ultimo tratto, sempre alternato da tratti boschivi, rocce e prati, possiamo dire che la vera salita è finita, apparte l’ottavo chilometro dove si ritrova un 5%-10%...
Arrivato in cima ad un piccolo altipiano, l'ormai onnipresente guardiano della montagna si è fatto vivo con la sua fredda voce che mi ha ricordato vagamente l’uscita di otto giorni fa.
Lassù, per un attimo mi sono dimenticato che siamo già al 13 Marzo. Prima di arrivare in Valmorel (792 mslm) bisogna passare Valpiana, ma è questione di pochi metri, il paesaggio è silenzioso, solo la voce del vento si fa sentire costante.

Neve sul Col Visentin, che saluta



Ho proseguito in una strada piena di insidie che mi ha portato dapprima in quel di St Antonio di Tortal, versante più arduo dell’odierno, e poi giù nella pericolosa discesa che termina al paese del libro, accompagnato dalle note di “What is love?” provenienti dalla piazza.
L'ho sentita a tratti nell’aria, non so se era lei, ma non dovrebbe mancare ancora molto alla nuova stagione.

ps. esordio della fotocamera portatile

venerdì 12 marzo 2010

Ricordi di un gregario

Ricordi di un gregario (Fiorenzo Tomasin)



Ne ho scelto uno a caso ma nel libro “Cosa comanda, sior capitano?” di Ido Da Ros, di aneddoti divertenti ce ne sono davvero tanti.

“Noi gregari finchè eravamo in gruppo e potevamo essere utili ai capitani, bene; altrimenti venivamo abbandonati a noi stessi. Mi è capitato di forare all’inizio di una tappa e di aver dovuto inseguire fino al traguardo. Nella Sestri Levante-Asti del Giro del ’60 ho inseguito per quattro ore. Sono arrivato ultimo a 35 minuti, stavano già togliendo lo striscione d’arrivo. Donato Piazza, che ha corso qualche anno prima di me, mi ha raccontato che in una tappa in cui andavamo ai 50 all’ora Magni ha preteso che lui si fermasse a fare rifornimento di acqua fresca. Il povero Donato ce l’ha messa tutta per raggiungere il capitano, ma, ovviamente, non ci è riuscito. E’ entrato con le borracce nella camera d’albergo, dove Magni si stava già facendo il bagno, e gli ha detto: “To’, Fiorenzo, ecco l’acqua!”. Ma di Magni ho sentito raccontare anche altro. Che, per esempio, in corsa si appoggiava ad un gregario facendosi trainare e, in quella posizione, riusciva addirittura a schiacciare un pisolino. Era furbo e sadico. Se si accorgeva che uno dei suoi cominciava ad andare più forte di lui, lo mandava in continuazione a prendere acqua”.

sabato 6 marzo 2010

Col Falcon (per gli amici "la salita di Faller")

L’ho scalata ieri e sinceramente, quando l’avevo affrontata in discesa l’anno passato, mi era sembrata molto più dura di quel che è.
Sfidando il nevischio della notte precedente e il termometro che sembra tornare indietro di alcune settimane, ho deciso di salire di qualche centinaio di metri. Quando pedalavo in pianura, il termometro segnalava 8 gradi e un vento gelido che soffiava in ogni dove mi sussurrava di cambiare strada. Ma il cielo era troppo sereno per cambiare idea. Giunto poco prima di Ponte Serra, giro a destra e comincio la salita verso Faller che mi ha appassionato già dai primi metri.
La strada si presenta abbastanza stretta ma ben tenuta e accosta per innumerevoli tratti una parete rocciosa, alternando diverse zone aperte al panorama.
E’ una salita che ti lascia respirare, ideale da scalare nei primi mesi dell’anno, presenta pendenze quasi sempre facili ed un chilometraggio abbordabile.
Assomiglia a molte salite appenniniche, apparte il primo chilometro dove si sfiora l’8%, nei cinque chilometri successivi si alterna dal 4% al 6%.
Man mano la strada diventa più ampia e le pareti rocciose la fanno apparire un po’ insidiosa se affrontata in discesa.
Arrivati al quinto, sesto chilometro si può iniziare a scorgere il paese che ci aspetta in cima al colle, di fatto la salita è quasi finita, ancora svariati metri al sette percento prima di scollinare nella piazza di Faller che misura 777 mslm. A questo punto la strada continuerebbe per altri due chilometri e mezzo, tutti in falsopiano che portano a Col Falcon dove c’è un bivio che collega Croce d’Aune, Sovramonte e Oltra.
Ritornando ad oggi, superata metà salita sono stato accolto da un vento gelido che mi ha accompagnato sino alla cima, dove il sole, fido compagno di viaggio, manteneva le temperature sui due, tre gradi.
Devo dire che ho sofferto di più in discesa visto il freddo che mi ha congelato e un orario non più ideale per certi scenari.
Quando sono ritornato nel paese dove c’è la schermata con la temperatura, i gradi erano diventati quattro e sono scesi ulteriormente prima di giungere a casa.
Una giornata molto fredda per essere Marzo, avvolta da una gran pace trovata nei momenti di scalata, che mi han estraniato per un attimo da tutto il resto.



Era timidamente apparsa nelle ultime settimane, ma generale inverno tiene ancora banco

venerdì 5 marzo 2010

Parigi - Tours 2001

Parlando e ricordando anni passati…

E’ una di quelle domeniche di fine estate apparentemente noiose, anzi, l’estate se ben ricordo era già finita da almeno due settimane. Parigi-Tours, penultima prova di Coppa del Mondo del calendario Uci. La più sterile delle dieci classiche, piatta come una qualsiasi frazione per velocisti, ma lunga e per questo da non sottovalutare.
Succede che due briganti del gruppo, Jacky Durand il primo, Richard Virenque il secondo, s’inventano una fuga dopo neanche venti chilometri dalla partenza.

Durand lo conosciamo bene, è uno di quelli che al Tour è perennemente al largo, per quanto riguarda Richard, beh, che dire.
Virenque è uno di quei ciclisti molto lontani dall’attuale mentalità ciclistica, è un potenziale favorito della Grand Boucle che ha il coraggio di promuovere fughe apparentemente senza senso ma che fanno solo bene allo spettacolo perché di quello, prima di tutto, ha bisogno il pubblico.
Virenque non sarà mai un fuoriclasse, nulla ha del rivale Pantani, né lo scatto esplosivo né la continuità successiva ad esso. Eppure è dotato di grandissimo fondo e fantasia, caratteristiche indispensabili che lo hanno portato a raccogliere non pochi successi personali.
Lo scalatore francese cade in disgrazia al Tour del 1998, tramonta per la Francia, senza ancora saperlo, la possibilità di avere un corridore da alte classifiche. Ma a differenza di altri, Virenque torna a livelli discreti sia nel 99 che nel 2000, prima di ammettere di essersi dopato e ripiombare nell’abisso.
La sua ultima parte di carriera riprende timidamente nell’Estate del 2001, alla Domo, un team di medio livello che gli da l’ultima opportunità per un riscatto.

La fuga continua tranquilla in quella Domenica autunnale, il vantaggio dei due fuggitivi raggiunge i sette minuti, non pochi ma nemmeno chissà quanti se valutiamo la distanza chilometrica.
Accendo la tv e mi sincronizzo su Raitre. Si, all’epoca guardavo ancora il ciclismo alla televisione. Fuga di Virenque e Durand, sgrano gli occhi incredulo, eppure è così…
Il vantaggio non è più elevato, si sta maciullando pian piano grazie anche ad un vento contrario che non vuole dare soddisfazione alcuna a quei due “evasi”.
Le côte sono brevi e pedalabili, ma è proprio sull’ultimo cavalcavia che viene racchiuso il momento chiave dell’esito finale. Durand da buon non scalatore si impianta di botto, mentre il compagno di fuga, in barba alla fatica, al vento contrario e alla moltitudine di ore nelle gambe, rilancia l’andatura: è solo.
Il gruppo è come un aspirapolvere, sa per certo che quelli lì stanno messi peggio e che possono solo perdere secondi a palate. Così è per Durand che non ha saputo rilanciare sulla facile côte, ma il gruppo ha sbagliato i conti sull’altro, dimenticandosi per un attimo che una sua dote primaria è la resistenza allo sforzo prolungato.
Sta di fatto che si arriva all’ultimo chilometro con Virenque in fuga per pochi secondi, chi si intende di ciclismo sa che un fuggitivo tutto solo può perdere tempi spropositati rispetto ad un gruppo di ciclisti intento a preparare la volata finale. Ma a volte, il più debole prevarica sul più forte e il 7 ottobre del 2001 sancisce il riscatto della pecora nera sul “branco”. Richard Virenque ritorna ad alzare l’indice al cielo (e per fortuna che non era il medio), lasciandosi ad un urlo liberatorio che risuona quanto basta nelle orecchie di chi l’ha infangato per vari anni.
Sconfitti i favoriti Freire e Zabel, quest’ultimo amaro per la coppa persa ai danni del tulipano Erik Dekker che ringrazia quella freccia un po’ bizzarra (così veniva definito da BS) capace di imprevedibili quanto spettacolari antiche gesta.