mercoledì 28 aprile 2010

Castello Tesino da Grigno

Domenica 25 aprile ’10

BL-VI-TN, queste le province toccate in un chilometraggio identico a quello dell’uscita di Enego, sfiorando i cento.
Una giornata semiestiva valutandone le temperature che ci hanno investito. La partenza è stata veloce, nei primi otto km ho succhiato le ruote ad un paio di ciclisti incontranti occasionalmente poco dopo la partenza, quindi ho proseguito in solitudine incrociando un numero spropositato di biciclette: perfino un gruppo di trenta ad Arsiè.
Verso Fastro, mentre mi accingevo a superare due cicloturisti, più turisti che ciclo, ha attraversato la strada una biscia che sono riuscito a non schiacciare allargando la traiettoria nel bel mezzo della via sentendomi il claxon di un automobilista che mi era dietro.
Una volta a Fastro, ho scorto in lontananza il campanile di Enego, del quale ho un ricordo molto recente.
Sceso giù per la scale e superato Primolano, mi sono accodato ad un gruppo di ciclisti che dopo pochi chilometri ho dovuto salutare, precisamente a Grigno dove ho girato a destra iniziando a salire lungo la salita che si collega con Castello Tesino (905 mslm).
Una salita che mi ha appassionato fin dai primissimi tornanti e che accosta per gran parte della strada la parete rocciosa, alternando anche qualche galleria. Questa asperità di nove chilometri e mezzo al 6,5% medio, rimane pendente fino al tratto roccioso e spiana solamente una volta entrati in quello più aperto che porterà di lì a poco a Castello Tesino.
Nonostante non disprezzi il caldo, quello di oggi mi ha davvero sfibrato, sarà che era il primo della stagione e non ne ero ancora abituato, ma mi ha cotto per tutta la seconda metà del giro.
Tuttavia, a Castel Tesino le temperature erano di 14 gradi centigradi, si stava decisamente meglio rispetto alle valli sottostanti… Ma bisognava scendere e in fretta visto che ero entrato in una crisi abbastanza accentuata nella quale mi si presentavano dei sintomi pessimi: respiro affannoso e striature di sangue nel catarro.
Ho proseguito fino al bivio per il Passo Brocon (vedi foto) e dopo una discesa incostante che mi ha portato a Ponte Serra, sono rientrato in valbelluna dove mi attendevano 25 gradi centigradi… il tutto prima di tornare a casa molto stanco. Una giornata nella quale ho dovuto tirare fuori la grinta e la forza di volontà dal momento che non stavo per nulla bene di salute. Ora periodo di pausa per rimettermi in sesto.

Era l’ultimo girodel mese che sta per finire. Con l’arrivo di Maggio, sarà la volta del Brocon?

mercoledì 21 aprile 2010

Santuario di Oropa 2007

Danilo di Luca padrone ma non troppo
3° a 8"


Andy Schleck la rivelazione
10° a 40"

sabato 17 aprile 2010

Enego e ritorno

Per questo week end l’intenzione era quella di fare un giro che incrementasse il fondo e così è stato, con tanto di espatriata nella provincia di Vicensa. Le temperature erano favorevoli e spaziavano dai quindici ai venti gradi centigradi, il cielo non era messo male, anzi, apparte alcune nuvole minacciose appollaiate dietro le vette, sembrava tutto stabile.
Sono partito poco dopo le dieci "usando", come consueto riscaldamento per le gambe, i primi chilometri ondulati nei quali ho avvertito un leggero fastidio al vasto mediale del quadricipite.
Immerso nel tratto boschivo che anticipa Fastro, ho iniziato a percepire sensazioni positive e così mi sono involato senza troppo pudore giù per le Scale di Primolano dove al primo tornante mi è partita la ruota posteriore, causa l’asfalto maltenuto e sporco di sabbia, riuscendo tuttavia a riprendere il giusto bilanciamento della bicicletta ed evitare di rovinare a terra. Ma come caspita si fa a tenere una strada in quelle condizioni!?
Raggiunto Primolano, ho girato a destra iniziando la salita di undici chilometri che porta nel centro abitato di Enego.
Una salita facile, da passisti, che raramente presenta tratti fastidiosi, non a caso la pendenza media è del 4,7%.
Paesaggisticamente parlando, non mi è piaciuta, non offre nulla di particolare e il contorno spazia tra prati e colline comuni. L’ho presa in modo agile per salvaguardare la condizione in vista del ritorno e soprattutto per non forzare la gamba dx che non è ancora al top dopo la contrattura di una decina di giorni addietro.


Mentre salivo, il sole si era fatto più tenue e nelle valli delle vicinanze si cominciava ad intravedere aria di pioggia, difatti una volta arrivato nella bella cittadina di Enego il tutto era nuvoloso.
Breve break nel quale mi sono alimentato a dovere per affrontare senza spiacevoli imprevisti il ritorno a casa. Sceso poi in quel di Primolano, sono salito su per le Scale, tre chilometri non troppo impegnativi che terminano a Fastro, dove ha iniziato a piovere e tirare una brutta aria.
Fermatomi ad Arsiè per mettere mantellina e gambali, ho inforcato la bici sotto una pioggia sempre più fitta che è rimasta tale per almeno venticinque chilometri. Arrivato a Feltre il cielo si è riaperto e sono potuto ritornare a casa senza grossi fastidi, ma ormai ero grondante. Questo è Aprile.
Novantasei chilometri pedalati in quattro ore superando di qualche metro i mille di dislivello. Per la prossima settimana l’intenzione è quella di fare un giro simile ma non troppo, salire a Castello Tesino da Grigno, ascesa mai fatta come del resto non avevo mai fatto quella odierna di Enego.

domenica 11 aprile 2010

Grandine

L’uscita di oggi è stata dimezzata per le condizioni meteorologiche avverse incontrate lungo la strada. La mattinata si presentava soleggiata ma fredda e con delle nuvole abbastanza minacciose che spuntavano dietro le spigolose pre Alpi, così la decisone è stata quella di rimanere nei dintorni (quaranta chilometri) e debbo dire che non ce ne siamo per nulla pentiti, valutando quello che è venuto a crearsi dalle undici in poi.
Lasciato alle spalle il “frastuono” dei centri abitati, ci siamo inoltrati in quella strada che s’inerpica leggiadra su per il colle collegando la valle del feltrino a quella del fiume Cismon. Per non farla troppo lunga, oggi siamo saliti a Croce d’Aune e mentre si pedalava , nulla sembrava minaccioso, anche se il sole iniziava a farsi pallido e le nuvole aumentavano di volume.
Come si suol dire, gli inconvenienti nel ciclismo sono sempre dietro l’angolo e non vanno sottovalutati, come non va sottovalutata la salita odierna che prosegue attorniata da una vasta quantità di alberi per gran parte dell’ascesa, prima di scollinare sul valico divenuto famoso grazie anche a Tullio Campagnolo.
In montagna nulla è certo, soprattutto se nella vallata c’è un sole col sorriso durban’s e dietro alle vette ci sono delle serie e nemmeno troppo ferme nuvole grigie che potrebbero fare il tutto o il niente, a seconda delle correnti.
Giornata presa tranquillamente, d’altra parte venivo da una contrattura muscolare e pedalare in salita dopo tre giorni dall’inconveniente, secondo i manuali sportivi, non è cosa buona e giusta. Ma volendo sfatare il non sfatabile, ho seguito l’irresistibile richiamo delle sirene amalgamandomi in quei nove chilometri, poco meno, al sette virgola otto % medio.
Tre quarti d’ora e si era in cima, con un cielo divenuto nuvoloso e un’atmosfera strana, nonostante la calma apparente che aleggiava nei dintorni.
Sarà stata la sosta al bar per la cioccolata calda, sarà stato che, in effetti, qualcosa in quel cielo non tornava, sta di fatto che in pochi minuti quella presunta calma superficiale si era trasformata in piccoli chicchi di ghiaccio provenienti dai cumulonembi già citati in precedenza.
Saltata l’’idea di scendere dall’altra parte del valico, per me e Manuel si presentavano dinnanzi due scelte, o aspettare l’esodo della perturbazione oppure sfidarla.
In lontananza, la valle splendeva ancora di quel sole lucente che ci aveva accompagnati in precedenza: non ci è rimasto altro da fare che mettere la mantellina e involarci giù per la discesa. Le sensazioni che vengono a crearsi dentro al ciclista congelato che inforca il suo strumento – in questo caso – di tortura, mentre il freddo lo attanaglia e i “proiettili” di ghiaccio lo colpiscono senza pietà, sono comprensibili solo da chi si è già trovato in condizioni simili o peggiori.
Dopo tre chilometri, la grandine si era tramutata in leggera pioggerellina, dopo altri tre l’asfalto era tornato asciutto e il peggio era passato.
Una volta a valle, alzando lo sguardo verso le montagne, la decisione è stata inevitabile, ovvero tornare alle rispettive case anticipando così l’imminente diluvio che stava per arrivare.

lunedì 5 aprile 2010

Ancora San Boldo

Ancora lui, ma in un giro completamente diverso rispetto a quello di venerdì, apparte il tratto Tovena-San Antonio.
La mattinata si preannunciava tutt’altro che favorevole, il cielo era grigio, la strada bagnata e come se non bastasse, ad affievolire questo quadretto, c’erano dei corvi che svolazzavano di qua e di là in cerca di cibo di cui saziarsi.
Trovatomi con Manuel dopo otto chilometri, si è partiti nella trafficata e monotona strada che congiunge la valbelluna e la marca trevigiana.
Tutto tranquillo nei primi chilometri che anticipano Vas e che accostano in una strada dritta e lineare il fiume Piave.
Passato il cartello “Benvenuti a Treviso: se la vedi ti innamori”, si svolta a sinistra e cominciano i mangia e bevi.
Il primo è quello di San Vito, che anticipa Valdobbiadene, dove chiedo a Manuel quale via voglia prendere, quella più nervosa e breve oppure quella facile ma più lunga; la scelta cade sulla prima.
Così, usciti indenni dal mercato che inframmezzava la cittadina, si imbocca una strada che evade dal casino generale e spazia tra le piantagioni di uva (ideale sarebbe un’uscita ad agosto/settembre finalizzata solo ed esclusivamente per i grappoli).
E’ tutto un su e giù per diversi chilometri e ciò rende il proseguimento tutto fuorché noioso, allietato da paesini pittoreschi dei quali ricordo con particolare piacere quello di Santo Stefano, situato poco prima dello strappo che porta a Combai.
Inutile dire che in queste zone, di ciclisti ce ne sono a bizzeffe. Raggiunto Combai si scende di un paio di chilometri e si pedala dapprima a Follina e più tardi a Cison di Valmarino dove c’è l’inquietante cartello Praderadego 7.
Noi proseguiamo dritti in una strada in falsopiano che diventerà più ardua causa un vento contrario che ci perseguiterà anche nei primi chilometri del San Boldo.
Finalmente il cielo si fa più sereno, anche Tovena è oramai questione di poche pedalate, a quel punto si comincia a salire per quei sei chilometri già scalati tre giorni addietro.
Tutto bello, apparte l’ultimo chilometro con i semafori che rompono sonoramente le scatole… e non solo.
Le sensazioni di scalata sono state più buone rispetto all’altro giorno. Dalla cima Si scende di un paio di chilometri, si risale brevemente in quel di Sant'Antonio e si prosegue verso il paese del libro, dove cominciano gli ultimi chilometri che alterneranno pianura, falsopiani e qualche salitella.
Oggi siamo andati contro ogni pronostico meteorologico partendo con sei gradi e un cielo molto cupo e tornati con un sole e delle temperature ideali per praticare sport. A referto ottantacinque chilometri, San Boldo fatto due volte in quattro giorni e per uno come me che ama la varietà e il varietà, direi che per ora può bastare, difficilmente ci tornerò nei prossimi mesi.

domenica 4 aprile 2010

Aspettando il Giro...

 
ricognizione in auto sul Monte Grappa

chiuso il versante di Semonzo

il 22 Maggio sembra ancora lontano
Buona Pasqua

venerdì 2 aprile 2010

Uscita fresca di giornata

Nel pomeriggio, sfruttando una giornata fresca e molto variabile, ho deciso di fare un giro ad anello dall’altimetria completa. I primi venticinque chilometri sono stati i più noiosi essendo in pianura o in leggero falsopiano, le località si susseguivano una dopo l’altra: Levego, Cadola prima di avvicinarmi e accostare il Lago di Santa Croce, nel quale si specchiavano quelle narcisiste e innevate pre Alpi. E' stato il ricordo più bello dell’intero giro. Un giro che ha cominciato a smuoversi solamente dopo quel breve scalino (Sella di Fadalto) che dal versante del lago è ancora più facile di quello della provincia di TV.
Il cielo era assai minaccioso, alternava tratti di azzurro a nuvole nere che rimanevano immobili a fissare il vuoto.
La discesa del Sella di Fadalto è dolce,nemmeno troppo insidiosa e accosta un lago che anticipa la località di San Floriano, a quel punto ricomincia la pianura che porta a Vittorio Veneto ma io ho svoltato al bivio precedente dove inizia un’altra salitella dolce e breve che anticipa il paese di Revine. Fatta questa, ritorno a pedalare in pianura accostando altri due laghi che avevano più le sembianze di stagni, ad ogni modo Tovena fa molto presto ad arrivare e a quel punto, come ben sappiamo, non mi resta che salire.
L’inconfondibile gola del Passo San Boldo ha il cielo azzurro e a discapito delle nuvole incontrate nei dintorni, capisco che per oggi non ci sarà pioggia.
L’ho scalata varie volte questa salita “lunga” circa sei chilometri, dalla pendenza media del 7,5% e devo dire che rimane una signora salita, certamente non duratura, ma non da meno di asperità dolomitiche più blasonate (vedi Pordoi).
La strada prosegue circondata di alberi e rocce, oltre agli immancabili tornanti che non fanno mai male a fiato e gambe. Non riscontro grosse difficoltà nei primi quattro chilometri, a parere mio i più belli essendo ancora nel tratto boschivo, ma da quando iniziano i semafori e le gallerie, non solo le pendenze passano all’11%, ma soprattutto non si può più stare tranquilli visto che la strada all'interno delle gallerie è stretta e se c’è traffico bisogna pure stare attenti alle auto.


Raggiungo la cima affaticato, col Boldo non ho mai avuto un rapporto troppo amichevole, sarà che mi capita di scalarlo solo nei primi mesi, quando la condizione è ancora insufficiente.
Mantellina e via, scendo di quattro chilometri circa e poi ricomincio a salire in quel km che porta a St Anthony di Tortal dove,invece di proseguire dritto per la discesa, decido di girare a destra e cominciare un’altra salita, breve, ma pur sempre salita… abbastanza pendente e con le gambe che non giravano più come prima, salvate dal 34x25.
Quella che in precedenza era solamente brezza, lungo la strada che porta sulla cima diventerà un vento freddo e più deciso. Quattro chilometri circa di pendenze prima di raggiungere l’altopiano che prosegue per qualche chilometro in quel di Valmorel. Ma una volta arrivato a Pranolz, la curiosità mi ha fatto prendere la decisione di svoltare a sinistra e imboccare una strada mai affrontata in precedenza, ovvero il versante di Valmorel da Trichiana che ho pedalato in discesa senza rimanerne affascinato. Le pre Alpi illuminate dai raggi solari erano ferme ed imponenti, sembravano molto lontane, quasi inarrivabili.
Dopo tre ore e mezza in sella, gli ottanta venivano segnati, le temperature si facevano più taglienti ma l'arrivo era divenuto questione di poche pedalate.