domenica 11 aprile 2010

Grandine

L’uscita di oggi è stata dimezzata per le condizioni meteorologiche avverse incontrate lungo la strada. La mattinata si presentava soleggiata ma fredda e con delle nuvole abbastanza minacciose che spuntavano dietro le spigolose pre Alpi, così la decisone è stata quella di rimanere nei dintorni (quaranta chilometri) e debbo dire che non ce ne siamo per nulla pentiti, valutando quello che è venuto a crearsi dalle undici in poi.
Lasciato alle spalle il “frastuono” dei centri abitati, ci siamo inoltrati in quella strada che s’inerpica leggiadra su per il colle collegando la valle del feltrino a quella del fiume Cismon. Per non farla troppo lunga, oggi siamo saliti a Croce d’Aune e mentre si pedalava , nulla sembrava minaccioso, anche se il sole iniziava a farsi pallido e le nuvole aumentavano di volume.
Come si suol dire, gli inconvenienti nel ciclismo sono sempre dietro l’angolo e non vanno sottovalutati, come non va sottovalutata la salita odierna che prosegue attorniata da una vasta quantità di alberi per gran parte dell’ascesa, prima di scollinare sul valico divenuto famoso grazie anche a Tullio Campagnolo.
In montagna nulla è certo, soprattutto se nella vallata c’è un sole col sorriso durban’s e dietro alle vette ci sono delle serie e nemmeno troppo ferme nuvole grigie che potrebbero fare il tutto o il niente, a seconda delle correnti.
Giornata presa tranquillamente, d’altra parte venivo da una contrattura muscolare e pedalare in salita dopo tre giorni dall’inconveniente, secondo i manuali sportivi, non è cosa buona e giusta. Ma volendo sfatare il non sfatabile, ho seguito l’irresistibile richiamo delle sirene amalgamandomi in quei nove chilometri, poco meno, al sette virgola otto % medio.
Tre quarti d’ora e si era in cima, con un cielo divenuto nuvoloso e un’atmosfera strana, nonostante la calma apparente che aleggiava nei dintorni.
Sarà stata la sosta al bar per la cioccolata calda, sarà stato che, in effetti, qualcosa in quel cielo non tornava, sta di fatto che in pochi minuti quella presunta calma superficiale si era trasformata in piccoli chicchi di ghiaccio provenienti dai cumulonembi già citati in precedenza.
Saltata l’’idea di scendere dall’altra parte del valico, per me e Manuel si presentavano dinnanzi due scelte, o aspettare l’esodo della perturbazione oppure sfidarla.
In lontananza, la valle splendeva ancora di quel sole lucente che ci aveva accompagnati in precedenza: non ci è rimasto altro da fare che mettere la mantellina e involarci giù per la discesa. Le sensazioni che vengono a crearsi dentro al ciclista congelato che inforca il suo strumento – in questo caso – di tortura, mentre il freddo lo attanaglia e i “proiettili” di ghiaccio lo colpiscono senza pietà, sono comprensibili solo da chi si è già trovato in condizioni simili o peggiori.
Dopo tre chilometri, la grandine si era tramutata in leggera pioggerellina, dopo altri tre l’asfalto era tornato asciutto e il peggio era passato.
Una volta a valle, alzando lo sguardo verso le montagne, la decisione è stata inevitabile, ovvero tornare alle rispettive case anticipando così l’imminente diluvio che stava per arrivare.

3 commenti:

Manuel (Ciclismo PST) ha detto...

Come ho scritto su FB; "EROI!"

filippo ha detto...

la bici ha avuto danni?..;)

Marco ha detto...

Mi sembra di no :)