domenica 27 settembre 2009

Evans iridato

Cadel Evans è secondo il mio punto di vista un corridore poliedrico che oggi raggiunge l’apice di carriera. Regolare nelle grandi corse a tappe, il nostro non ne ha mai vinta una, pur rimanendo sempre con i primi e prendendosi ben due podi al Tour de France.

Inutile dire che mi ero già dimenticato di lui, non so, sinceramente non mi sembrava possibile che riuscisse a fare un’azione personale e autoritaria. Ma così è stato ed entra nella storia come primo corridore del suo continente e soprattutto dell’Australia ad aver alzato le braccia al cielo in un campionato mondiale di ciclismo. Quindi doppia soddisfazione.

Per il resto, dopo tanti anni, un corridore da corse a tappe vince il mondiale, non succedeva da… dal 1995, l’anno di Olano.

Secondo è arrivato Kolobnev… Tanto per dire, era già arrivato secondo a Stoccarda dietro Bettini e non è che sia uno di quelli che vince chissà quante corse all’anno. Praticamente è uno specialista dei campionati mondiali e soprattutto dell’argento. Terzo Joacquin Rodriguez, lo avevamo già visto bene alla Liegi.

L’Australia ha vinto anche il medagliere, due ori e il prossimo anno i mondiali si disputeranno proprio in questo paese.

Cosa altro aggiungere, ho seguito poco questi mondiali, sono contento che un corridore di alto livello abbia portato a casa l'oro, sperando possa onorare la maglia iridata nelle grandi salite che hanno fatto la storia del ciclismo.

Ora ci si avvia verso il finale di stagione, Parigi-Tours, Giro di Lombardia e poi presentazione dei due massimi grandi giri a cui dedicherò le consuete recensioni. Dalla prossima settimana si ricomincia a commentare anno per anno il decennio che sta per terminare.

Bye.

venerdì 25 settembre 2009

Il percorso di Mendrisio




E' stato valutato come uno dei più duri degli ultimi anni e più duro di quello di Varese dell’anno scorso.
Sono 13,8 km e presentano due salite, Castel San Pietro la prima, poi discesa e salita verso Novazzano lunga circa due chilometri, poco meno. Da Novazzano mancheranno due chilometri e mezzo, un po’ troppi e questo potrebbe favorire gente che si era per rientrare giocandosela nella volata finale. Perché volata? Perché secondo me quest’anno sei, sette ciclisti arriveranno assieme in prossimità dell’ultimo chilometro e a quel punto se la giocheranno allo sprint. Motivo per cui dò favoriti Cunego e Valverde su tutti e motivo per cui vedo inappropriato come capitano Ivan Basso che potrebbe invece essere adoperato come aiutante del veronese.
I giri da percorrere saranno diciannove per un totale di 262 km, si parla poco di Ballan ma a mio modesto parere è più fresco di quasi tutti visto che ha saltato tutta la prima parte di stagione senza raggiungere un vero e proprio picco di forma prima di oggi. Ma forse anche quest’ultimo sarà adoperato più in appoggio al tanto citato Cunego che non ad una azione personale.
Non vorrei essere pessimista ma i percorsi duri spesso si rivelano delle ciofeche colossali, non è il percorso a fare la selezione bensì i corridori stessi. Quindi, non bisognerà essere troppo attendisti ma bensì mettere alla frusta il gruppo così da fare fuori i più veloci. Non sottovalutate Oscar Freire Gomez, ne ha già vinti fin troppi di campionati mondiali, non diamo la possibilità di vincerne un altro.
A domenica.

lunedì 21 settembre 2009

Valverde vince la Vuelta

La Vuelta di Valverde


Ed è arrivato anche per Valverde il momento tanto atteso di vincere un grande giro. Ha vinto quello di casa, dopo vari anni di prestazioni medie al Tour de France.
Lo spagnolo classe '80, a ventitre anni era già terzo nella classifica finale di una Vuelta, quarto l'anno successivo, vinse poi l'arrivo di Courchevel al Tour del 2005, da quel giorno in molti pensarono che sarebbe riuscito a conquistare un grande giro ma negli anni a seguire alternò momenti buoni a momenti da dimenticare.
Tralasciando le sue vittorie nelle corse di un giorno, Valverde arrivò secondo alla Vuelta del 2006 dopo essersi ritirato per la seconda volta dal Tour della presunta conferma.
Nel 2007 ricordiamo un anonimo settimo posto in classifica finale senza essere mai pericoloso per la sorte della maglia gialla.
L'anno scorso, in molti cominciarono a storcere il naso sulle sue reali possibilità di vittoria in un grande giro. Nono in un Tour di basso livello, quinto nella Vuelta vinta da Contador, troppo poco per un corridore che in tenera età faceva razzie.
Dal 2009 non può correre sulle strade d'Italia e per questo motivo non prenderà parte nè al Giro d'Italia nè al Tour de France. L'ultima spiaggia era proprio la corsa di casa, la Vuelta che vedeva tra i partenti anche un italiano intenzionato a vincere. Ma Valverde è stato più forte di lui, beffandosi di tutto il putiferio creatosi intorno a lui in questi mesi. Sconfitto l'olimpionico Samuel Sanchez per 55" e l'australiano Evans, terzo a 1'32", quarto Basso a 2'12" voglioso di ritornare numero uno, ma sembra che ci sia da attendere ancora un bel pò di tempo prima di rivedere il varesino davanti a tutti. I tempi sono cambiati, due stagioni ti cambiano la vita e nuovi nomi si fanno avanti. Ma a me Basso piace proprio così, umano e battibile. Con un pò di impegno sono sicuro che riuscirà a fare di nuovo la voce grossa nelle stagioni future anche se per ora è tempo di spagnoli, dopo Contador incombe Valverde, corridore dalle lUCI e dalle ombre, ma chi non ne ha oggi come oggi.

lunedì 14 settembre 2009

2003

Armstrong è battibile, ma vince



Questa annata fu abbastanza serena, pochi casi doping e alcuni momenti emozionanti quanto basta. Ad inizio anno ci sono buone notizie per due grandi campioni che negli ultimi tempi non avevano più brillato. Ullrich ritorna con il Team Coast, divenuto poco dopo Bianchi, mentre Marco Pantani rilancia per l’ultima occasione della vita, sperando di poter partecipare anche al Tour de France.
La Milano-Sanremo è di Paolo Bettini che raccoglie l’eredità del campione del mondo, Cipollini. E’ l’anno di Peter Van Petegem che vince sia la Roubaix che il Giro delle Fiandre entrando una volta per tutte nella storia delle classiche di un giorno.
Alexandre Vinoukourov vince l’Amstel, alla Liegi è l’americano Tyler Hamilton ad alzare le braccia al cielo.
Arrivato Maggio parte il Giro d’Italia, da Lecce, con tre corridori desiderosi di riscatto. Simoni vuole riprendersi la vittoria dopo l’esclusione dell’anno precedente, idem Garzelli che riparte con la Sidermec e infine Pantani che, lontano anni luce rispetto ai tempi migliori, riacquista dignità nei risultati.
La prima settimana vede l’inizio dell’era Petacchi, lo spezzino vince e convince battendo a ripetizione un Cipollini sotto tono. Cipollini riuscirà comunque a portare a casa due tappe prima del ritiro per una caduta.
Garzelli è invece la prima maglia rosa importante della corsa, vince sul Terminillo sconfiggendo Simoni ma nel giorno di Faenza, viene attaccato da lontano dal trentino e perde il primato.
E’ l’anno dell’esordio dello Zoncolan al Giro, l’arcigna salita viene domata da Simoni ma i distacchi sono limitati. Rinasce Pantani che nelle durissime pendenze ritrova un minimo di se stesso tenendo testa ad un Garzelli che quel giorno capisce di non essere all’altezza di Gibo.
Simoni domina anche sulle Dolomiti, è sua Pampeago, si difende nella cronometro di Bolzano e quando arrivano le Alpi piemontesi sfrutta una caduta dei due pelati (Garzelli e Pantani), per incrementare altro vantaggio nella classifica.
A Cascata del Toce, ultimo arrivo in salita, la maglia rosa vince senza regalare nulla a nessuno ma di quel giorno si ricorderanno soprattutto gli ultimi scatti di un pirata che ancora sperava in una convocazione al Tour del centenario. Nulla di tutto ciò, Simoni vinse il Giro e si partì tutti per la Francia senza Pantani (e Cipollini). Per lui fu la tegola definitiva.
Fu un Tour molto interessante, poteva essere l’anno giusto per sconfiggere il marziano texano ma l’eroe dei fumetti riuscì ancora una volta ad avere la meglio.
In quell’edizione Armstrong non fu mai superiore agli altri, più che altro riuscì a mantenere i nervi saldi quando Ullrich, ritornato finalmente ad alti livelli, lo sconfisse dapprima nella cronometro di Cap decouverte e poi ad Ax 3 Domaines. Armstrong si riprese la rivincita a Luz Ardiden e nella cronometro finale di Nantes dove il nostro conquistò il quinto Tour mettendosi dietro il crucco e Vinokourov.
Alla Vuelta la sorpresa si chiama Isidro Nozal, un giovane spagnolo che vive una bella edizione della corsa iberica. Grazie ad una fuga e a delle belle prestazioni nelle prove a cronometro, Nozal riesce ad arrivare in maglia amarillo al penultimo giorno di corsa, giorno in cui va in crisi venendo così sconfitto da Roberto Heras di soli 28”. Terzo arriverà un Alejandro Valverde che cominciava timidamente a far vedere il suo talento, divenuto realtà negli anni successivi.
Il finale di stagione, come al solito, è incentrato sul mondiale, che quest’anno si corre ad Hamilton, in Canada.
Il percorso non è né particolarmente duro né così facile e alla fine dei conti spunta la sorpresa, è Astarloa, vincitore della Freccia Vallone, che nel finale allunga e sconfigge Valverde e Van Petegem. La prova a cronometro va a David Millar il quale sconfigge l’australiano Rogers, mentre per l’Italia è una disfatta, nessun piazzamento degno di nota.
Che altro aggiungere… la stagione viene chiusa con una notizia shock, muore Josè Maria Jimenez, lo scalatore che due anni prima vinceva gli arrivi alla Vuelta a Espana si spegne all’età di trentadue anni in una clinica. Questo evento, insieme a tanti altri eventi successi successivamente, segnarono inevitabilmente dentro di me una visione malsana e negativa dello sport professionistico.

venerdì 11 settembre 2009

2002

Cipollini iridato

Questa annata è stata, secondo il mio punto di vista, assai negativa e monotona. Il 2002 è comunque un anno abbastanza positivo per l’Italia del pedale grazie a Mario Cipollini che all’età di trentacinque anni vive la stagione di maggior successo. Il toscano è primo alla Milano-Sanremo, una corsa che lo aveva sempre respinto.
Alla Parigi-Roubaix Johan Musseuw fa tre sconfiggendo Wesemann e un giovanissimo Boonen che già all’epoca veniva additato come un possibile protagonista della corsa del pavè.
Andrea Tafi vince il Giro delle Fiandre mentre la Liegi Bastogne Liegi è roba italiana, vince Paolo Bettini su Garzelli, terzo Basso.
E’ l’anno dell’entrata in vigore dell’€uro e proprio per questo motivo il Giro d’Italia vivrà le prime tappe in Olanda, Germania, Belgio e Francia.
E’ un Giro assolutamente pessimo, la non negatività di Garzelli mentre vestiva la maglia rosa è una brutta tegola, come lo è la bizzarra vicenda delle caramelle sudamericane di Simoni, altro escluso dalla corsa.
I più forti vengono persi per strada, Casagrande si autoelimina in una giornata insignificante che anticipava le Dolomiti, facendo sbandare (inconsapevolmente) un altro corridore nello sprint del gpm. E’ il terzo escluso.
Pantani si ritira ai piedi della Marmolada, per lui è la peggior stagione della carriera. Quel giorno a vincere è Perez Cuapio, già vincitore a San Giacamo. La maglia rosa passa sulle spalle di Cadel Evans, l’ex biker che per forza di cose si ritrova in cima alla classifica. Ma dura poco, il giorno successivo, a Folgaria, l’australiano esce da ogni classifica e insieme a lui cadono nella rete anche Frigo e Aitor Gonzales, altri uomini di alta classifica.
A giovarne sono soprattutto Tyler Hamilton e Paolo Savoldelli. L’americano si muove per primo, Savoldelli gli risponde e lo distanzia. A Folgaria a vincere sarà un Tonkov in fuga ma Savoldelli conquista la sua prima maglia rosa, che difenderà fino a Milano arrivando davanti ad Hamilton e all’altro italiano Caucchioli.
Per il falco è la rinascita ma il Giro ne esce davvero male, non solo per la mancanza di prestigio nella classifica finale ma anche per tutto ciò che è successo durante la corsa.
A Giugno Commesso vince il campionato italiano davanti a Frigo e Casagrande, poi si parte tutti per una Grand Boucle abbastanza povera di emozioni.
C’è Armstrong ma manca il suo grande rivale Jan Ullrich, inoltre all’orizzonte non ci sono corridori in grado di impensierire l’americano.
Armstrong conquista la maglia gialla già dal cronoprologo di Lussemburgo e nel primo arrivo in salita a La Mongie, se la riprende sfilandola ad un Igor Gonzalez de Galdeano che per diversi giorni aveva fatto pensare di poter essere in grado di tenere il texano.
Armstrong vince anche a Plateau de Beille, il suo avversario più importante è Beloki ma non ha il motore del fuoriclasse. Tra gli sfidanti ci sarebbero anche Heras ma quest’ultimo è gregario dell’americano ed è quindi in non condizione per poter agire con la sua mente.
Sul Mont Ventoux viviamo la fuga di Virenque che riesce a salvarsi da un Armstrong che anche quel giorno ha dato il massimo distanziando i suoi avversari di vari metri.
Le tappe alpine si rivelano inutili, ormai tutto è scritto e Armstrong controlla i suoi avversari come fosse nulla. A Cluses, in una tappa di media montagna, Dario Frigo vince e spezza il lungo digiuno italiano.
La cronometro finale di Macon determina il quarto successo di Armstrong, il più facile e anche il più noioso dei quattro. Secondo Beloki a 7’17”, terzo Rumsas a 8’17”, primo degli italiani è Ivan Basso vincitore della maglia bianca di miglior giovane.
La Vuelta è dominata come non mai dagli spagnoli che trovano in Aitor Gonzalez una speranza per le grandi corse a tappe. Aitor, che aveva già fatto vedere i suoi numeri al Giro d’Italia, vince senza troppi problemi la sua prima grande corsa a tappe. Sembra il preludio ad una carriera fantastica, qualcuno lo addita come l’anti Armstrong per i prossimi Tour ma lo spagnolo finirà ben presto nell’anonimato.
Alla Vuelta si rivedono Casagrande e Simoni, i due grandi esclusi del Giro d’Italia cercano riscatto nelle strade di Spagna, il toscano è settimo, Simoni decimo.
Ai Mondiali di Zolder, disegnati su misura per i velocisti, a vincere la prova a cronometro è quel personaggio di Santiago Botero che già al Tour era riuscito nell’intento di sconfiggere Lance Armstrong in una prova a contro il tempo. Nella prova in linea Cipollini mantiene le promesse, dopo le proteste per l’esclusione dal Tour, re leone sconfigge Mc Ewen e Zabel nella volata finale. Per Cipollini è il coronamento di un sogno, spezza il digiuno italiano ai mondiali che permaneva dalla vittoria di Bugno a Benidorm nel novantadue.
La stagione, come al solito, si conclude con la classica delle foglie morte, vinta da Michele Bartoli su Davide Rebellin e Oscar Camenzind.
La Coppa del Mondo va a Paolo Bettini che poi ne vincerà altre tre prima che il ProTour spazzi via questa simpatica graduatoria.
Il grande vuoto della mancanza di Jan Ullrich si è fatto sentire, il tedesco, cascato in un vortice extra ciclistico, non ha potuto prendere parte a nessuna gara di rilievo, buttando via una stagione che poteva sicuramente essere vissuta in modo vittorioso anche al di fuori del Tour.

lunedì 7 settembre 2009

2001

La sfida dell'anno



Nel 2001 Erik Zabel vince per la quarta volta la Milano-Sanremo entrando di diritto nella storia di questa classica. Alla Parigi-Roubaix è l’olandese Knaven a sconfiggere Musseuw mentre alla Liegi lo svizzero Camenzind vince l’ultima corsa di rilievo della sua fuggitiva carriera.
Il Giro d’Italia offre un percorso strano e nemmeno troppo avvincente, martoriato poi dal blitz di Sanremo.
Tutto comincia normalmente, fino a Montebelluna non succede quasi nulla di rilevante. Nel giorno delle Dolomiti saltano Pantani e Garzelli, i due più attesi della vigilia. Hanno la meglio la maglia rosa Dario Frigo e il trentino Gilberto Simoni che lascia vincere il Pordoi a Perez Cuapio conquistando la maglia rosa.
Contro ogni pronostico, nella cronometro di Salò il Gibo riesce a limitare i danni ed è ancora in rosa. Tutti aspettano la giornata di Sant’Anna di Vinadio ma viene annullata per protesta dopo la giornata tormentata del blitz dei Nas a Sanremo.
Fuori Frigo per doping, la corsa rosa può ritenersi chiusa vari giorni prima della fine. Il podio finale di Milano fa già capire molte cose: primo Simoni, secondo Olano e terzo Unai Osa.
Finito il Giro che aprirà un periodo molto sterile, il ciclismo si sposta ai campionati italiani vinti da Daniele Nardello su Michele Bartoli.
Al Tour de France scoppia la polemica dell’esclusione dei due carismatici corridori italiani Cipollini e Pantani e la loro mancanza si sentirà soprattutto quando le fasi cruciali chiederanno spettacolo alla corsa.
Lance Armstrong è inattaccabile, già dall’Alpe d’Huez mette in seria difficoltà i suoi avversari, Ullrich limita, mentre Beloki e Moreau non hanno la stoffa degli altri due e finiscono per essere comprimari.
Grazie ad una fuga bidone della prima settimana, Armstrong non vestirà facilmente la maglia gialla. L’americano domina la cronometro di Chamrousse e a Saint Lary Soulan dopo l’ennesimo successo sfila la maglia al francese Simon. E’ il Tour dei passisti, nessun scalatore riesce ad andare più forte di Armstrong e Ullrich, la sfida per quanto possa essere di alto livello è anche noiosa, prevedibile e scontata.
Vincendo la cronometro finale, Armstrong dimostra superiorità rispetto al tedesco della Telekom distanziandolo in classifica finale di ben 6’44” mentre Beloki riesce in extremis a conquistare il podio che poteva essere del kazako Kivilev (altro corridore della fuga bidone), morto due anni più tardi alla Parigi-Nizza.
Noi italiani ce lo ricorderemo soprattutto come uno dei Tour più scarsi per l'Italia che oltre a non portare a casa alcuna vittoria o maglia importante, non riuscirà nemmeno a mettere un italiano nei primi dieci.
Passando alla Vuelta, è ancora una volta roba spagnola. Per gli iberici è dominio assoluto, 18 spagnoli nei primi 25 posti.
Botero e Sevilla manipolano la prima settimana, poi sembra Beloki l’uomo da battere ma ben presto accusa le fatiche del Tour scivolando fuori da ogni classifica, agevolando Sevilla che riesce a tenere la maglia quasi sino alla fine, ma proprio nella cronometro finale vinta da Botero, viene superato di 47” dallo spagnolo Angel Casero.
L’Italia porta a casa due vittorie, una di Simeoni e una di Simoni, per quanto riguarda la classifica finale nessun italiano è degno di nota, il migliore è ventesimo, si chiama Pellizotti e dicono possa fare grandi cose nel futuro.
Da segnalare anche le tre vittorie di Jimenez, a quel tempo ancora in forma ma destinato di li a poco a cominciare il declino che lo porterà in poco più di due anni verso la morte.
Ai Mondiali di Lisbona viviamo un percorso sicuramente sopravvalutato rispetto alle reali caratteristiche. Jan Ullrich vince la prova a cronometro per la seconda volta sconfiggendo Millar e Botero mentre nella prova in linea Simoni fugge nell’ultima erta, ma nel gruppo inseguitore succede l’incredibile, Lanfranchi si mette a tirare senza un vero senso tattico, qualcuno dirà che i corridori della Mapei si erano messi d’accordo per favorirsi. Ad ogni modo, anche senza le tirate di Lanfranchi, l’azione di Simoni sarebbe stata prima o dopo annullata. La stampa su questo fatto ci marciò a lungo creando un vero e proprio giallo sportivo… fatto sta che ad alzare le braccia a Lisbona fu un Mapei, Freire Gomez (secondo iride), davanti ad un altro Mapei, il grillo Bettini che studiava per diventare lui un giorno campione del Mondo.
La stagione viene conclusa poi al Lombardia con la vittoria di Danilo Di Luca, era l’inizio di una lunga serie di successi italiani destinata a continuare tutt’ora.
Una stagione con alcuni momenti degni di nota, è stato il grande anno di Gilberto Simoni, mattatore sulle salite d’Italia, di Spagna e protagonista degno di nota anche al Mondiale di Portogallo.
L’azione più bella la viviamo però in una corsa molto piatta, la Parigi-Tours, che grazie alla lunga fuga di Virenque, primo al traguardo con il gruppo che sopraggiungeva a pochi metri, ha acquisito grande fascino diventando sicuramente l’immagine più significativa di chi non vuole mollare.
Il Tour è ormai in balia dell’era Armstrong, se due edizioni vinte vi sembravano poche, con il terzo successo l’americano comincia a fare sempre più la voce grossa, non trovando nella sua strada avversari degni di nota, nemmeno Jan Ullrich, forte di fisico ma molto scarso di testa.

>>>Continua con il 2002 nella prossima puntata>>>

mercoledì 2 settembre 2009

2000

L'anno del Giubileo, ma anche l'anno della sfida titanica


Comincia con questo articolo il riassunto personale del decennio ciclistico, spaziando nei miei ricordi di ciò che ho vissuto.
Premettendo che alle soglie del nuovo millennio avevo molta più passione di oggi e che cadevo dalle nuvole alla parola doping, posso assolutamente dire che a quel tempo vedevo il tutto in modo più positivo.
Ricordo un Giro d’Italia abbastanza scadente, non c’erano nomi troppo illustri e soprattutto la mancanza di un Pantani al top fece risultare quel Giro un po’ moscio. Casagrande fece una grande azione sull’Abetone andando a prendersi una maglia rosa che, secondo le teorie, avrebbe potuto portare sino a Milano. Ma l’imprevedibilità è dietro l’angolo, il toscano non riuscì più nei giorni successivi a fare il vuoto e piano piano, da dietro, riemersero Simoni e Garzelli. L’epilogo arriverà nella tappa di Briancon che presentava l’Agnello e poi l’Izoard.
Fino a quel giorno Pantani non si era mai visto, ma nelle salite che confinano con la Francia, il pirata riemerse dalle acque diventando per un giorno il gregario di lusso del compagno di squadra Garzelli. Illuse Simoni sull’Izoard, sfiancandolo. Casagrande era già visibilmente in calando e rimaneva appeso alla bilancia ancora per poco. Con l’aiuto di Pantani, Garzelli si ritrovò la sera di Briancon a due passi dalla maglia rosa che era ancora addosso a Casagrande. Il giorno successivo ci pensò la cronometro del Sestriere a sancire la vittoria di Garzelli ma di quel Giro, oggi come oggi, ci si ricorda ancora una volta la “rinascita” seppur brevissima di Pantani.
Nell’Estate che vedeva Vamos a bailar in testa alla hit parade, uno scontro atteso si consumava sulle strade francesi. Come nei migliori film di azione si può intitolare il tutto come “Pantani, la sfida più difficile”. Così fu.
La cronosquadre lo fece scivolare molto in basso nella classifica, ma due anni prima con un distacco ancora più pesante seppe capovolgere la situazione. Sognare a volte fa bene ma non sempre si può vivere in una favola.
La sera buia di Hautacam, Lance Armstrong aveva già chiuso il Tour, infliggendo distacchi pesanti sia a Ullrich che ad un Pantani anni luce lontano da quel Pantani che dodici mesi prima vinceva ogni arrivo in salita.
Poi arrivò il giorno del Ventoux ma Pantani stentava ancora una volta a tenere le ruote del gruppo maglia gialla. “E’ finito, senza la roba non va da nessuna parte”, queste le frasi di un’Italia che lo aveva già in parte lasciato, ma che all’occorrenza lo andava a riprendere. Invece no, l’elefantino – come lo chiamava il texano – rientrò nel gruppo e cominciò la danza macabra. Piantò vari scatti prima di rimanere solo. La folla questa volta impazzisce “Vedi che forse oggi vince” ma l’illusione durò pochi istanti, Armstrong rientrò prepotentemente prendendosi quasi gioco dello scalatore romagnolo, il quale, quel giorno era inferiore ad Armstrong ma ebbe la forza di tenerlo sino all’arrivo, dove il texano gli lasciò la vittoria.
Cominciarono poi le polemiche, Pantani non apprezzò il fatto che l’americano andasse in giro dicendo che lo aveva fatto vincere e già sull’Izoard i due ricominciarono a martellarsi.
Diciamoci la verità, dei due chi cominciava a saltare era soprattutto l’americano, non più brillante come qualche giorno prima, anche se la classifica era dalla sua, probabilmente veniva a mancare la lucidità mentale che lo ha sempre contraddistinto.
Fu Courchevel la giornata del giudizio, lì Pantani ritornò davvero Pantani, ma solo per una giornata. Quel giorno staccò Armstrong e arrivò solo all’arrivo andando a prendersi una vittoria simbolo, fra l'altro l’ultima della sua carriera.
Il giorno dopo tentò il volo folle, simile ad Icaro, destinato però ad avere esiti negativi. La fuga nacque sotto una brutta stella, Marco non ebbe appoggio da altri fuggitivi e in più si alimentò male finendo ben presto in crisi di fame. Tutto ciò servì a mandare in crisi Lance Armstrong, ancora una volta battuto, questa volta indirettamente.
Armstrong vinse il Tour, Pantani si ritirò la sera stessa di Morzine e li si può dire che finì l’era del pirata e delle bandane, durata troppo poco ma si sa, le cose belle sono sempre di sfuggita.
Al di fuori di Giro e Tour non ho particolari ricordi, Jan Ullrich vinse le Olimpiadi di Sidney riscattando la sua stagione non esaltante, il Mondiale andò a sorpresa al lettone Vainsteins, fu l’anno della seconda vittoria di Musseuw alla Parigi-Roubaix e della terza vittoria di Zabel alla Milano-Sanremo.
Fu anche un anno senza grossi scandali doping ma quelli sarebbero venuti a valanghe negli anni a venire.

>>>to be continued 2001>>>