venerdì 11 settembre 2009

2002

Cipollini iridato

Questa annata è stata, secondo il mio punto di vista, assai negativa e monotona. Il 2002 è comunque un anno abbastanza positivo per l’Italia del pedale grazie a Mario Cipollini che all’età di trentacinque anni vive la stagione di maggior successo. Il toscano è primo alla Milano-Sanremo, una corsa che lo aveva sempre respinto.
Alla Parigi-Roubaix Johan Musseuw fa tre sconfiggendo Wesemann e un giovanissimo Boonen che già all’epoca veniva additato come un possibile protagonista della corsa del pavè.
Andrea Tafi vince il Giro delle Fiandre mentre la Liegi Bastogne Liegi è roba italiana, vince Paolo Bettini su Garzelli, terzo Basso.
E’ l’anno dell’entrata in vigore dell’€uro e proprio per questo motivo il Giro d’Italia vivrà le prime tappe in Olanda, Germania, Belgio e Francia.
E’ un Giro assolutamente pessimo, la non negatività di Garzelli mentre vestiva la maglia rosa è una brutta tegola, come lo è la bizzarra vicenda delle caramelle sudamericane di Simoni, altro escluso dalla corsa.
I più forti vengono persi per strada, Casagrande si autoelimina in una giornata insignificante che anticipava le Dolomiti, facendo sbandare (inconsapevolmente) un altro corridore nello sprint del gpm. E’ il terzo escluso.
Pantani si ritira ai piedi della Marmolada, per lui è la peggior stagione della carriera. Quel giorno a vincere è Perez Cuapio, già vincitore a San Giacamo. La maglia rosa passa sulle spalle di Cadel Evans, l’ex biker che per forza di cose si ritrova in cima alla classifica. Ma dura poco, il giorno successivo, a Folgaria, l’australiano esce da ogni classifica e insieme a lui cadono nella rete anche Frigo e Aitor Gonzales, altri uomini di alta classifica.
A giovarne sono soprattutto Tyler Hamilton e Paolo Savoldelli. L’americano si muove per primo, Savoldelli gli risponde e lo distanzia. A Folgaria a vincere sarà un Tonkov in fuga ma Savoldelli conquista la sua prima maglia rosa, che difenderà fino a Milano arrivando davanti ad Hamilton e all’altro italiano Caucchioli.
Per il falco è la rinascita ma il Giro ne esce davvero male, non solo per la mancanza di prestigio nella classifica finale ma anche per tutto ciò che è successo durante la corsa.
A Giugno Commesso vince il campionato italiano davanti a Frigo e Casagrande, poi si parte tutti per una Grand Boucle abbastanza povera di emozioni.
C’è Armstrong ma manca il suo grande rivale Jan Ullrich, inoltre all’orizzonte non ci sono corridori in grado di impensierire l’americano.
Armstrong conquista la maglia gialla già dal cronoprologo di Lussemburgo e nel primo arrivo in salita a La Mongie, se la riprende sfilandola ad un Igor Gonzalez de Galdeano che per diversi giorni aveva fatto pensare di poter essere in grado di tenere il texano.
Armstrong vince anche a Plateau de Beille, il suo avversario più importante è Beloki ma non ha il motore del fuoriclasse. Tra gli sfidanti ci sarebbero anche Heras ma quest’ultimo è gregario dell’americano ed è quindi in non condizione per poter agire con la sua mente.
Sul Mont Ventoux viviamo la fuga di Virenque che riesce a salvarsi da un Armstrong che anche quel giorno ha dato il massimo distanziando i suoi avversari di vari metri.
Le tappe alpine si rivelano inutili, ormai tutto è scritto e Armstrong controlla i suoi avversari come fosse nulla. A Cluses, in una tappa di media montagna, Dario Frigo vince e spezza il lungo digiuno italiano.
La cronometro finale di Macon determina il quarto successo di Armstrong, il più facile e anche il più noioso dei quattro. Secondo Beloki a 7’17”, terzo Rumsas a 8’17”, primo degli italiani è Ivan Basso vincitore della maglia bianca di miglior giovane.
La Vuelta è dominata come non mai dagli spagnoli che trovano in Aitor Gonzalez una speranza per le grandi corse a tappe. Aitor, che aveva già fatto vedere i suoi numeri al Giro d’Italia, vince senza troppi problemi la sua prima grande corsa a tappe. Sembra il preludio ad una carriera fantastica, qualcuno lo addita come l’anti Armstrong per i prossimi Tour ma lo spagnolo finirà ben presto nell’anonimato.
Alla Vuelta si rivedono Casagrande e Simoni, i due grandi esclusi del Giro d’Italia cercano riscatto nelle strade di Spagna, il toscano è settimo, Simoni decimo.
Ai Mondiali di Zolder, disegnati su misura per i velocisti, a vincere la prova a cronometro è quel personaggio di Santiago Botero che già al Tour era riuscito nell’intento di sconfiggere Lance Armstrong in una prova a contro il tempo. Nella prova in linea Cipollini mantiene le promesse, dopo le proteste per l’esclusione dal Tour, re leone sconfigge Mc Ewen e Zabel nella volata finale. Per Cipollini è il coronamento di un sogno, spezza il digiuno italiano ai mondiali che permaneva dalla vittoria di Bugno a Benidorm nel novantadue.
La stagione, come al solito, si conclude con la classica delle foglie morte, vinta da Michele Bartoli su Davide Rebellin e Oscar Camenzind.
La Coppa del Mondo va a Paolo Bettini che poi ne vincerà altre tre prima che il ProTour spazzi via questa simpatica graduatoria.
Il grande vuoto della mancanza di Jan Ullrich si è fatto sentire, il tedesco, cascato in un vortice extra ciclistico, non ha potuto prendere parte a nessuna gara di rilievo, buttando via una stagione che poteva sicuramente essere vissuta in modo vittorioso anche al di fuori del Tour.

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