lunedì 14 settembre 2009

2003

Armstrong è battibile, ma vince



Questa annata fu abbastanza serena, pochi casi doping e alcuni momenti emozionanti quanto basta. Ad inizio anno ci sono buone notizie per due grandi campioni che negli ultimi tempi non avevano più brillato. Ullrich ritorna con il Team Coast, divenuto poco dopo Bianchi, mentre Marco Pantani rilancia per l’ultima occasione della vita, sperando di poter partecipare anche al Tour de France.
La Milano-Sanremo è di Paolo Bettini che raccoglie l’eredità del campione del mondo, Cipollini. E’ l’anno di Peter Van Petegem che vince sia la Roubaix che il Giro delle Fiandre entrando una volta per tutte nella storia delle classiche di un giorno.
Alexandre Vinoukourov vince l’Amstel, alla Liegi è l’americano Tyler Hamilton ad alzare le braccia al cielo.
Arrivato Maggio parte il Giro d’Italia, da Lecce, con tre corridori desiderosi di riscatto. Simoni vuole riprendersi la vittoria dopo l’esclusione dell’anno precedente, idem Garzelli che riparte con la Sidermec e infine Pantani che, lontano anni luce rispetto ai tempi migliori, riacquista dignità nei risultati.
La prima settimana vede l’inizio dell’era Petacchi, lo spezzino vince e convince battendo a ripetizione un Cipollini sotto tono. Cipollini riuscirà comunque a portare a casa due tappe prima del ritiro per una caduta.
Garzelli è invece la prima maglia rosa importante della corsa, vince sul Terminillo sconfiggendo Simoni ma nel giorno di Faenza, viene attaccato da lontano dal trentino e perde il primato.
E’ l’anno dell’esordio dello Zoncolan al Giro, l’arcigna salita viene domata da Simoni ma i distacchi sono limitati. Rinasce Pantani che nelle durissime pendenze ritrova un minimo di se stesso tenendo testa ad un Garzelli che quel giorno capisce di non essere all’altezza di Gibo.
Simoni domina anche sulle Dolomiti, è sua Pampeago, si difende nella cronometro di Bolzano e quando arrivano le Alpi piemontesi sfrutta una caduta dei due pelati (Garzelli e Pantani), per incrementare altro vantaggio nella classifica.
A Cascata del Toce, ultimo arrivo in salita, la maglia rosa vince senza regalare nulla a nessuno ma di quel giorno si ricorderanno soprattutto gli ultimi scatti di un pirata che ancora sperava in una convocazione al Tour del centenario. Nulla di tutto ciò, Simoni vinse il Giro e si partì tutti per la Francia senza Pantani (e Cipollini). Per lui fu la tegola definitiva.
Fu un Tour molto interessante, poteva essere l’anno giusto per sconfiggere il marziano texano ma l’eroe dei fumetti riuscì ancora una volta ad avere la meglio.
In quell’edizione Armstrong non fu mai superiore agli altri, più che altro riuscì a mantenere i nervi saldi quando Ullrich, ritornato finalmente ad alti livelli, lo sconfisse dapprima nella cronometro di Cap decouverte e poi ad Ax 3 Domaines. Armstrong si riprese la rivincita a Luz Ardiden e nella cronometro finale di Nantes dove il nostro conquistò il quinto Tour mettendosi dietro il crucco e Vinokourov.
Alla Vuelta la sorpresa si chiama Isidro Nozal, un giovane spagnolo che vive una bella edizione della corsa iberica. Grazie ad una fuga e a delle belle prestazioni nelle prove a cronometro, Nozal riesce ad arrivare in maglia amarillo al penultimo giorno di corsa, giorno in cui va in crisi venendo così sconfitto da Roberto Heras di soli 28”. Terzo arriverà un Alejandro Valverde che cominciava timidamente a far vedere il suo talento, divenuto realtà negli anni successivi.
Il finale di stagione, come al solito, è incentrato sul mondiale, che quest’anno si corre ad Hamilton, in Canada.
Il percorso non è né particolarmente duro né così facile e alla fine dei conti spunta la sorpresa, è Astarloa, vincitore della Freccia Vallone, che nel finale allunga e sconfigge Valverde e Van Petegem. La prova a cronometro va a David Millar il quale sconfigge l’australiano Rogers, mentre per l’Italia è una disfatta, nessun piazzamento degno di nota.
Che altro aggiungere… la stagione viene chiusa con una notizia shock, muore Josè Maria Jimenez, lo scalatore che due anni prima vinceva gli arrivi alla Vuelta a Espana si spegne all’età di trentadue anni in una clinica. Questo evento, insieme a tanti altri eventi successi successivamente, segnarono inevitabilmente dentro di me una visione malsana e negativa dello sport professionistico.

2 commenti:

Manuel (Ciclismo PST) ha detto...

Mi ricordo il crucco con la leggendaria maglia bianco-celeste. Lui è crucco e quindi non poteva sapere cosa voleva dire per noi vedere quei colori al Tour. Però mi ricordo anche il dispiacere quando la Bianchi disse già a metà stagione che l'anno dopo non avrebbe più mantenuto la squadra perchè c'erano dei costi enormi. Peccato.

Anonimo ha detto...

Ho sempre pensato che la T Mobile fosse controproducente per Ullrich e difatti da quando lasciò la Bianchi finì di andare forte.