venerdì 12 settembre 2008

Anglirù 2002: Il volo di Roberto Heras

L’ultima volta che la Vuelta de Espana fece arrivo sull’Alto de Anglirù fu nel 2002. Ma la prima apparsa di questa mitica salita è datata 1999 quando il compianto Jose Maria Jimenez andò a trionfare da grande scalatore. L’anno successivo fu la volta dell’italiano Gilberto Simoni, scalatore trentino che in quel finale di stagione lanciò un chiaro segnale in vista del 2001, anno della sua prima maglia rosa.
Il terzo fu un altro scalatore di nota fama. Se nel 1999 Roberto Heras era considerato dagli spagnoli una sorta di nuovo Pantani, capace di fare la differenza quando le pendenze si facevano ardue, negli anni seguenti ci furono conferme (vittoria della Vuelta nel 2000), ma anche scelte discutibili come il suo passaggio alla corte di Lance Armstrong alla Us Postal.
Uno dei più forti scalatori di inizio millennio faceva quindi il gregario al texano quando si trattava di correre il Tour de France e poi si presentava alla Vuelta con velleità di vittoria. Dopo un 2001 abbastanza deludente, Roberto Heras visse l’anno successivo da grande protagonista. Uscito da un Tour strepitoso (arrivò 9° correndo da gregario), si presentò a puntino alla Vuelta, cercando di riprendersela. I pretendenti erano davvero tanti e il favorito soprattutto uno, il secondo classificato del Tour, da tre anni sul podio della corsa francese, Joseba Beloki. E fu proprio Beloki a vestire la prima maglia oro usufruendo della vittoria della Once nella cronosquadre di apertura. Ma come l’anno precedente, Beloki accusò ben presto le fatiche del Tour dimostrando quanto sia difficile essere competitivi in due grandi giri nella stessa stagione. La maglia passò in poco tempo all’altra giovane promessa spagnola, Oscar Sevilla, voglioso di rifarsi dalla grandissima delusione dell’anno precedente quando Angel Casero lo beffò nella cronometro finale di Madrid. Il “nino” tenne la maglia per ben nove tappe, fino al giorno che sto per andare a raccontare. Negli anni successivi anche lui si perse finendo in poco tempo alla Telecom come gregario di Jan Ullrich.
Ma ritorniamo a quel 22 Settembre 2002, quando Sevilla indossa ancora la maglia amarillo, la sua ultima, guardandosi bene dalle insidie di uomini in forma come il compagno di squadra Aitor Gonzalez, disegnato da tutti come il nuovo mostro per le corse a tappe e lo scalatore Roberto Heras. La giornata è drammatica, la pioggia, il freddo e la nebbia la fanno da padrone. Cadono Guido Trentin e David Millar, quest’ultimo si ritira per protesta.
Vanno in fuga 24 uomini, fra questi il non ancora Ale-jet Petacchi, Bertoletti, Aggiano e Cioni. Ben presto la fuga si frantuma lungo le prime pendenze dell’Angliru, quando gli uomini Kelme si portano in testa per creare selezione in favore di Sevilla e Aitor Gonzales. Nel gruppo dei migliori ci sono ancora tre nomi importanti del panorama ciclistico italiano: Casagrande, Simoni e Di Luca.
A 7 km dal traguardo succede l’impensabile, si muove colui che nella carta è il meno accreditato a fare bella figura, Aitor Gonzalez. Ed è proprio lo scatto di Aitor Gonzalez a tagliare fuori il leader della corsa Oscar Sevilla nonché suo compagno di squadra. Accortosi del momento difficile della maglia amarillo, Roberto Heras provoca l’affondo decisivo transitando ai -5 km dal traguardo con 24” su Aitor Gonzalez e Beloki. Gli ultimi chilometri sono una marcia trionfale per Heras che crea il vuoto dietro di se entrando nell’immaginario della storia della Vuelta e del ciclismo in generale. In uno scenario da lupi, Heras vince e prima di vedere qualcuno tagliare il traguardo dietro di lui bisogna aspettare un minuto e mezzo, quando transita Beloki, primo dei terrestri. Terzo un italiano a cui è sempre mancata la fortuna nei grandi giri, il toscano Francesco Casagrande distanziato di 1’41”. Aitor Gonzalez, che aveva dato il la agli attacchi, cede nel finale accusando 2’16” mentre il compagno di squadra, ormai ex leader di classifica, limita i danni arrivando con 2’50”. Da ricordare il sesto posto di Di Luca e il settimo di Simoni, il primo sorpreso e fiducioso per un suo eventuale futuro da protagonista al Giro d’Italia, il secondo deluso anche da una stagione dal sapore amaro.
In seguito a questa giornata, Roberto Heras prenderà la maglia oro con 35” di vantaggio su Aitor Gonzalez con il quale ingaggerà una sfida al cardiopalma fino alla cronometro finale di Madrid dove, però, verrà nettamente sconfitto dal corridore della Kelme riportando alla memoria l’epilogo finale di dodici mesi prima quando a perdere allo stesso modo fu Sevilla, scavalcato dal corridore della Festina Angel Casero. Protagonisti diversi ma epiloghi uguali e a pagarne le conseguenze sempre due scalatori. Ma di quella Vuelta, io (e sicuramente i più), ricorderanno soprattutto il grande volo di Roberto Heras in cima all’Alto de Anglirù.

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